“Un gruppo di detenuti al Malaspina a Palermo si è violentemente e pericolosamente fronteggiato e poi si è scagliato contro i poliziotti penitenziari”. Lo dice Paolo La Corte, vicesegretario provinciale del sindacato autonomo polizia penitenziaria: “Tutto ruota intorno alla presenza in carcere di uno dei responsabili dell’omicidio di un ragazzo in una discoteca cittadina al culmine di una rissa, ristretto al minorile nonostante la giovane età – dice il sindacalista – Praticamente si sono create due fazioni di palermitani, e ieri se le sono date di santa ragione 3 o 4 di loro. Un poliziotto, per cercare di dividerli, ha preso un pugno in faccia ed è andato in ospedale in codice giallo e trenta giorni di prognosi”.

Le parole del sindacalista

Il sindacalista spiega che “alcuni dei detenuti hanno anche tentato, fortunatamente senza riuscirsi, a togliere le chiavi ad un agente con la forza, colpendolo e strattonandolo. Per fortuna, con l’arrivo in Istituto di comandante e direttore, si è riusciti a rimetterli in cella ad uno a uno, ma si è vissuta una giornata di grande tensione”. “Si è consumato un gravissimo attacco allo Stato ed a chi lo rappresenta in carcere”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe: “ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali e della Nazione: siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che non vogliono e non in un carcere! Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni”.

“Siamo alla frutta”

“Il Sappe esprime la vicinanza ai poliziotti di Palermo”, sottolinea Capece, “ma siamo davvero alla frutta: i detenuti rimangono impuniti rispetto alla loro condotta violenta e fanno quello che si sentono fare, senza temere alcuna conseguenza. Urgono contromisure per prevenire gli atti violenti ai danni dei poliziotti”, conclude il leader nazionale del SAPPE: “lo stato comatoso dei penitenziari non favorisce il trattamento verso altri utenti rispettosi delle regole né tantomeno la sicurezza”.

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