Palermo

Otto anni in cella ma era innocente, maxi risarcimento per imprenditore accusato di mafia

Un risarcimento di oltre mezzo milione di euro per ingiusta detenzione. Questa la decisione della Corte d’Appello di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, che ha accordato un indennizzo di 516.456,90 euro a Salvatore D’Anna, 64enne imprenditore di Terrasini appartenente a una nota famiglia di costruttori edili.

Le accuse di associazione mafiosa

D’Anna era stato in carcere dal 13 dicembre 2010 al 30 maggio 2018 con l’accusa di associazione mafiosa, nell’ambito di un’indagine su Cosa Nostra che ipotizzava il suo coinvolgimento in vicende di estorsioni e rapporti con esponenti di diversi mandamenti mafiosi della provincia.

In primo grado D’Anna era stato condannato a 12 anni, sentenza poi annullata con rinvio dalla Cassazione. Nel marzo 2021, il nuovo processo si è concluso con l’assoluzione piena dell’imputato, divenuta definitiva nel novembre successivo. A questo punto, tramite il suo avvocato Luca Benedetto Inzerillo, D’Anna ha presentato istanza di riparazione per ingiusta detenzione, ottenendo il massimo dell’indennizzo previsto dalla legge: un miliardo di vecchie lire.

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Mancanza di prove concrete contro l’imprenditore

Contro l’imprenditore, oltre alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, non sarebbero emersi elementi concreti circa una sua partecipazione a Cosa Nostra. I giudici hanno infatti sottolineato come D’Anna non fosse indicato da nessuno come affiliato e non avesse compiuto azioni rilevanti a sostegno dell’organizzazione.

Le accuse dei pentiti giudicate insufficienti

Le accuse dei pentiti, alla base della condanna poi annullata, sono state giudicate insufficienti e in contrasto con l’assenza di prove di un effettivo coinvolgimento di D’Anna con la cosca mafiosa di Terrasini.

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La smentita

In merito alle accuse a D’Anna, però, riceviamo dall’Avvocato Rosolino Ulizzi in nome e per conto del suo assistito Carmelo Giancarlo Seidita, una richiesta di rettifica che pubblichiamo in ottemperanza di quanto disposto dalla legge sulla stampa:

“Si legge in particolare che l’assoluzione sarebbe stata pronunciata in quanto ‘Le accuse dei pentiti Giancarlo Seidita, Gaspare Pulizzi e Francesco Briguglio, alla base della condanna poi annullata, sono state giudicate insufficienti e in contrasto con l’assenza di prove di un effettivo coinvolgimento di D’Anna con la cosca mafiosa di Terrasini.’ Ebbene, il mio assistito . ci informa l’avvocato Ulizzi – nega categoricamente sia di aver rilasciato dichiarazioni accusatorie nei confronti di chicchessia sia di aver mai rivestito il ruolo di collaboratore di giustizia.

Tali affermazioni, al di là della loro mancata rispondenza al vero, sono foriere di gravi conseguenze per il mio assistito, motivi per i quali chiedo la pubblicazione (cartacea e on line) della rettifica ai sensi dell’art. 8 legge 47/1948″.

Precedenti inchieste e riconoscimento finale dell’innocenza

L’imprenditore, la cui famiglia opera da anni nel settore delle cave, dell’edilizia e dei carburanti, in passato era già stato coinvolto in altre inchieste antimafia, mai tramutate però in condanne definitive. Anche in quei casi furono disposti sequestri di beni per milioni di euro, sempre dissequestrati per insussistenza delle accuse. Ora, con la sentenza della Corte d’Appello, arriva il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita da Salvatore D’Anna, riconosciuto innocente dopo aver trascorso oltre 7 anni e mezzo in carcere da innocente.

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