I giudici della corte dei conti hanno condannato Carmine Canonico

Rimborsi non dovuti dell’amministratore di Sicilia Digitale, condannato al risarcimento

I giudici della corte dei conti hanno condannato Carmine Canonico, rappresentante legale dal 2019 al 2021 di Sicilia Digitale società partecipata della Regione Siciliana, che si occupa della gestione dell’infrastruttura informatica al servizio della pubblica amministrazione, a risarcire all’azienda 46 mila euro. Sarebbero i soldi che l’ex rappresentante legale, in pensione, si sarebbe liquidato per rimborsi e spese non dovuti durante l’incarico.

La procura della Corte dei Conti

La procura contabile, diretta da Pino Zingale, gli ha contestato rimborsi per spostamenti mai effettuati o solo parzialmente effettuati. Rimborsi di vitto e alloggio in più rispetto a quanto previsti e rimborsi spesa non inerenti all’incarico. Come accertato dalla procura era lo stesso amministratore che approvava e liquidava i compensi per le proprie missioni senza controlli di conformità. “Sia il revisore dei conti che il direttore amministrativo segnalarono all’allora amministratore unico la necessità di regolarizzare meglio e modalità di rimborso spese – si legge nella sentenza – invito che Canonico ha respinto perseverando nella sua condotta”.

La difesa

La difesa dell’ex amministratore unico ha contestato sia i tabulati telefonici con i quali sono stati contestati gli spostamenti, le trasferte e le presenze in aziende e le voci di spesa che erano solo di rappresentanza come il comodato d’uso per la macchinetta del caffè che è stata installata nell’azienda per i dipendenti e per gli ospiti che hanno avuto rapporti con la società come il collegio sindacale, organismo di vigilanza, organizzazioni sindacali.

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La decisione dei giudici contabili

Per i giudici contabili presieduti da Salvatore Chiazzese “Canonico, in ragione del ruolo assunto nella società, – si legge nella sentenza – non poteva non conoscere e avrebbe dovuto fare buon governo del regolamento interno e delle disposizioni che concernevano e regolavano lo svolgimento della sua attività, segnatamente della disciplina delle spese consentite e dei relativi massimali, stante viepiù che di esse chiedeva direttamente il rimborso senza passare da altri organi, oltre che delle corrette procedure che avrebbero potuto garantire un controllo preventivo rispetto alla liquidazione ed evitare, per tale via, di generare danno.

Ciò denota la condotta del Canonico in termini di colpa grave per l’aperta trascuratezza delle regole basilari, ma il modo ed il contesto in cui tale trascuratezza si manifesta ossia l’accentramento delle procedure di spese e la connotazione personalistica delle stesse, unitamente alla pervicacia con cui ha insistito nella sua attività illecita nonostante i rilievi del revisore legale e del Collegio sindacale della società depongono anche in tal caso per un atteggiamento psicologico certamente doloso”. Il giudizio è di primo grado e potrà essere appellato.

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