Al momento si tratta solo di un’indiscrezione ma il disappunto di buona parte dell’opinione pubblica è più che tangibile. Il 18 giugno, potrebbe essere presentato a Palermo il libro di Salvo Riina, il figlio del ‘capo dei capi’. Il volume, pubblicato da edizioni Anordest, è in vendita dal 6 aprile, e a quanto fa sapere alla stampa l’editore è stato un tutto esaurito “nonostante i boicottaggi”.
Si tratta del libro della tanto controversa intervista su Rai 1 realizzata da Bruno Vespa.
Un dialogo, quello tra il giornalista e Salvo Riina, non in diretta, e con le domande concordate prima. Durante il quale Riina junior, prossimo ai 38 anni, con la fedina penale sporca con una condanna a 8 anni e 10 mesi di mesi di pena scontata per associazione mafiosa, e papà e fratello maggiore all’ergastolo in regime di 41bis, non ha fatto altro che esaltare la normalità (ma gli assassini sono davvero normali?) e la devozione alla famiglia del padre, dipinto come un uomo modello, un genitore generoso di baci e carezze con i figli, e poco importa se poi si arrogasse il diritto di decidere chi doveva morire o impugnasse un’arma per uccidere.
Ma Riina Junior, come ogni ‘scrittore’ che si rispetti, sta promuovendo il libro sulla storia della sua famiglia. E probabilmente lo farà anche a Palermo, un tempo roccaforte degli affari criminali di suo padre. I palermitani onesti non intendono sottomettersi a quello che pare l’ennesimo sopruso della mafia. A farsi portavoce del loro pensiero è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ucciso in via d’Amelio. Borsellino si dice pronto a tutto per evitare che la presentazione avvenga.
E conferma: “Se il 18 giugno dovesse essere permesso a Salvo Riina di presentare il suo libro a Palermo, saro’ a Palermo per impedire questa ulteriore offesa alla memoria di mio fratello e dei ragazzi massacrati insieme a lui.
Niente e nessuno mi potra’ impedire di farlo. Ho 74 anni, ho vissuto gia’ 22 anni piu’ di mio fratello, sono pronto a qualsiasi cosa”.
Parole dure che danno il senso della dignità e della mai placata sede di verità e giustizia dei familiari delle vittime delle stragi. I propri cari fatti a pezzi, ed il figlio di un mafioso, e mafioso anche lui, che va in tv e nelle librerie a raccontare la storia della sua famiglia, senza mai prendere le distanze, neppure a parole, dalla mafia o da quello che ha fatto il padre.
Le colpe dei padri ricadono sui figli. Non è giusto ma è così. E questi figli, sebbene abbiano diritto a vivere e a cercare la felicità come tutti, non possono sfuggire dalla maledizione legata al loro nome che tanto sangue e dolore ha provocato.
E poi, a dire il vero, questa presentazione del volume a Palermo, cade in un momento quantomeno infelice.
A Corleone infatti, dal 29 maggio, sta accadendo un gran trambusto per il presunto inchino della vara con la statua di San Giovanni Battista durante una processione proprio davanti a casa Riina.
La procura di Palermo ha aperto un’inchiesta; molti corleonesi, con in testa il sindaco, negano che l’inchino sia mai avvenuto, così come che Ninetta Bagarella, moglie del superboss, fosse in quel momento affacciata. Ninetta non si trova in Sicilia, sostengono i bene informati, non c’è stato un inchino ma una regolare sosta del percorso della processione, Corleone è stufa – tuona il sindaco – della continua macchina di fango in funzione a suo danno. Ad intervenire sui social anche la figlia di Riina, Maria Rosa, pretendendo le scuse dei giornalisti per aver pubblicato una notizia “totalmente falsa”.
Solo il tempo accerterà la verità dei fatti ma la società civile pretende un minimo di rispetto. Che Riina junior vada a presentare il suo libro dove vuole, ma abbia il buon gusto di non farlo in Sicilia, una terra al cui massacro il padre ed i suoi sodali hanno contribuito in maniera feroce e sanguinaria.
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