Manifestazione e giorno di sciopero dei rider anche a Palermo. Un flash mob si è svolto nel lungomare della Cala per chiedere un contratto rispettoso del loro lavoro ormai diventato importantissimo soprattutto in questi mesi di pandemia. I rider hanno percorso le strade cittadine in gruppo per arrivare poi insieme alla Cala. I lavoratori chiederanno ai consumatori di non acquistare nulla oggi per sostenere la loro protesta.
Ieri un un giovane è stato investito in via Duca della Verdura
“Un lavoro simbolo di sfruttamento – dicono gli organizzatori – dove il rischio è solo per i rider costretti a turni duri e ad ogni pericolo. La cronaca degli ultimi tempi è stata contraddistinta da percosse, violenze e rapine subite dai lavoratori che non hanno alcuna garanzia”. Solo ieri sera un giovane è stato investito in via Duca della Verdura. E’ stato soccorso dai sanitari del 118 e trasportato in ospedale.
L’intervento dell’assessore comunale al Lavoro
“I Rider sono la metafora di questo tempo perchè sintetizzano il nuovo modello di sfruttamento”. Lo dice Giovanna Marano, assessora al Lavoro del Comune di Palermo, che oggi ha preso parte al flash mob organizzato dai rider palermitani. “La Costituzione italiana chiede un contratto ai lavoratori dipendenti e noi chiediamo che non sia un contratto pirata. Uno di questi contratti confezionati al solo scopo di fare finta di riconoscere i diritti – continua Marano – Uomini e donne impegnati in un lavoro che non da nè soddisfazione nè guadagni, pronti a partire per una consegna in ogni momento, in qualsiasi condizione. Oggi è stata una bella giornata di mobilitazione e di reazione. Vogliamo che sia anche una giornata di svolta per tante persone che hanno diritto a lavorare per vivere. In sicurezza”
Il No Delivery Day
Lo scorso 25 marso i militanti di USB Federazione del Sociale Slang Palermo, sindacato Lavoratori Autonomi Nuova Generazione, hanno presidiato il Mc Donald’s del centro storico per portare avanti un volantinaggio informativo in favore dei riders. “Questi lavoratori e queste lavoratrici, già di loro fortemente precarizzati, durante il lockdown e nel pieno dell’emergenza sanitaria non si sono mai fermati, hanno continuato a sfrecciare in lungo e in largo per la città senza sosta e senza che le piattaforme fornissero loro almeno i DPI. Chi lavora nella gig economy è soggetto a una vera e propria forma di caporalato digitale, autonomi nella forma ma lavoratori dipendenti a cottimo iper sfruttati e senza tutela alcuna nella sostanza. Serve subito un sistema di regolarizzazione e continuità del rapporto, adeguamento dei salari e un insieme di tutele che riguarda ferie, malattia, trattamento previdenziale e contributivo, sicurezza e salute del lavoratore, fino alla manutenzione dei mezzi. In tanti hanno questo come unica forma di reddito e, dunque, va inteso come lavoro a tutti gli effetti”
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