Michele Russotto, otto anni dalla scomparsa, ecco il ricordo dei suoi amici più cari, da chi l’ha vissuto lavorativamente. Quando sentivi l’inconfondibile odore della carta stampata dove è cresciuto e che ha amato, a chi è entrato in contatto con lui semplicemente per pura amicizia, stima e grande simpatia grazie al suo proverbiale humor, perché prima di tutto lui ti faceva ridere in modo esilarante, restando al tempo stesso serio come solo un vero comico è capace di fare.
Michele Russotto, classe ‘41, fu uno di quei giornalisti, e grande tifoso solo della squadra del Palermo, senza peli sulla lingua, senza veli tra righe, senza esitazione in quel suo picchiettare sui tasti, dai tempi dell’Olivetti ai più sofisticati Pc, usando sempre un linguaggio forbito, tagliente ma soprattutto alla portata di chiunque, uscendo gli artigli con innato fairplay.
Amava la carta stampata più di ogni altra cosa ed aveva cominciato a sedici anni al giornale l’Ora con lo sport, ma il suo cavallo di battaglia resta La Rivista Palermo della Provincia che diresse per quasi un ventennio, contemporaneamente ci sono i suoi libri, tra cui ‘Da Martellucci a Martellocci!, ‘La Sicilia e gli anni Sessanta” (per citarne solo qualcuno), il periodo delle emittenti televisive private negli anni Ottanta, TVR Sicilia e Telesicilia da cui passarono personaggi come Claudio Lippi, Cicciolina e Pippo Baudo, mentre nell’ultimo periodo di vita, il suo fondamentale ruolo fu come commentatore politico di grande rilevanza presso La Sicilia di Catania, diretta a Palermo da Lillo Miceli.
“Si potrebbero citare tante frasi fatte per descrivere Michele Russotto: giornalista di razza bastian contrario, cronista controcorrente e così via di seguito – ricorda proprio Lillo Miceli, forse il suo mancato fratello – . Nessuna di queste definizioni, però, coglie l’aspetto umano che caratterizzava il direttore della Rivista Palermo, edita dalla Provincia di Palermo.
Ci siamo conosciuti nel 1985 e da allora siamo rimasti amici per la pelle, fino purtroppo alla sua morte. Giornalista, ma anche autore di pregiati libri, come ‘Cento giorni a Palermo’ in cui ha ripercorso le tappe dove maturò l’attentato al prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa. Potrei citare tanti esempi sulla professionalità di Michele Russotto – aggiunge Miceli -, che non esitò, mai, neanche un istante, nell’opporsi a richieste che facevano a cazzotti con l’etica giornalistica. Anche se queste arrivassero da presidenti o assessori della stessa Provincia”.
Di lui racconta invece Marco Romano, con cui scrisse ‘Mezzo secolo di Sicilia racconti e immagini tra cronaca e storia’: “Michele è stato per me un Maestro che si è trasformato ben presto in Amico. Un’evoluzione rara in un mestiere come il nostro, carico di egocentrismo e cinismo. La sua acuta sagacia, la sua sferzante ironia, la sua profonda onestà intellettuale me lo hanno fatto ammirare e stimare come persona ancor prima che come professionista. Aver lavorato con lui – aggiunge il direttore responsabile de Il Giornale di Sicilia -,aver condiviso idee e progetti, è stato per me un privilegio. Pareggiato solo dal dolore per la sua scomparsa”.
Mentre Toto Cuffaro lo rammenta così: “Io credo che nel cuore di ogni uomo ci sia il desiderio dell’amicizia e della speranza e rende migliori, nel cuore di Michele ce n’era tantissimo”.
Tra i suoi amici ed ex colleghi c’è anche Maria Teresa Conti: “Il mio primissimo incontro con Michele risale ai suoi anni alla Provincia di Palermo. Lui un gigante, io una ragazzina che muoveva i primissimi passi nel mondo del giornalismo politico. E in quell’ambito, anni luce lontano dalla politica di oggi fatta di post sui social, da lui ho imparato tanto. Ma il “mio” Michele – prosegue – è quello della collaborazione con la redazione di Palermo de La Sicilia, in cui lavoravo all’epoca. Quante chiacchierate, quanti aneddoti, quanta ironia nei suoi racconti. Un onore leggere e titolare i suoi pezzi, sempre perfetti, sempre con quel quid in più degli altri, il quid di chi la politica la racconta perché la vive sul campo, perché conosce i personaggi, la loro storia. Un grande giornalista, Michele. E un grande amico. Che manca, a tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui”.
E nell’elenco di coloro che lo hanno amato, c’è un’altra giornalista e grande amica, Maria Modica che dice:“La sua voce, il suo ghigno beffardo, la sua ironia io li sento ancora ogni giorno della mia vita, in ogni momento del mio lavoro… ‘Maria il giornalismo non è una scienza esatta, smettila di preoccuparti più di tanto per quello che scriverai’, ‘ma sicuro che scrivi ancora, è da settimane che non leggo niente di tuo (erano i tempi in cui sulle pagina de La Sicilia erano pubblicati almeno due articoli al giorno recanti la mia firma), oppure “ho letto l’ultimo tuo articolo sull’acqua. Mi si sono arrizzate le carni’ – prosegue la Modica ridendo di cuore -. La verace ironia siciliana come la sua era ciò che Pirandello ha definito l’arma più formidabile per penetrare e comprendere il reale Michele ha voluto metterla a disposizione di noi allora giovani giornalisti cui ha lasciato l’onore e l’onere di una difficile eredità, sorreggere e convivere con l’insostenibile leggerezza dell’essere… giornalisti?”.
Immancabile la testimonianza un altro grandissimo amico fraterno, Franco Scancarello : “A otto anni dalla sua scomparsa sento crescere sempre di più la sua mancanza, di un vero amico, sicuro e generoso. Michele rimarrà sempre una presenza preziosa nella mia vita. Specie di quella politica, mi piace ricordare la sua grande umanità mista alla sua fine ironia e dalla sua giovialità, la sua genialità di giornalista e di scrittore, andrebbero meglio studiate riconsiderate in tutti i suoi aspetti che reputo oggi attualissimi”.
Un altro prezioso amico, Aldo Messina, specialista in audiologia, che collaborò con la Rivista, non è voluto mancare in questo grande abbraccio che sarebbe infinito ma forse un libro non basterebbe, e così l’ennesimo grande amico di Michele lo ricorda partendo da un esempio: “Il 30% dei lettori legge solo il titolo di un articolo,
un altro 30% solo le prime righe. Se vuoi che qualcuno legga tutto il tuo pezzo devi stuzzicare la sua curiosità in questi due momenti. E’ lì che ti giochi tutto: con questo insegnamento – aggiunge Messina -, Michele Russotto mi ha accolto tra i collaboratori esterni della Rivista Palermo. Dovevo occuparmi di inchieste a carattere socio sanitario.
Oggi non sono un giornalista ma un medico. Quando comunico sia con i pazienti che con i colleghi ai congressi scientifici, continuo a impostare il mio discorso come lui, il mio maestro, Michele Russotto, mi ha insegnato.
Prosegue il luminare: “Ascolto, senza interrompere, il mio interlocutore certo che avrò sempre da imparare da chi mi sta difronte e sono pronto a coglierne i suggerimenti che lui stesso mi darà. Poco importa se questo si trasformerà in articolo giornalistico o scientifico atto terapeutico. Le regole sono le stesse: sapere ascoltare e comunicare. Come Michele ci insegnava”.
E passando ad un altro amico e collega dei tempi dell’emittente palermitana Telesicilia, si unisce anche l’amico Gianfranco D’Anna, e sono sempre parole che testimoniano la professionalità, l’umanità e la passione immensa per il suo amatissimo giornalismo
“Dialetticamente gentile e pacato quanto netto nelle affermazioni e nelle opinioni – afferma D’Anna -, Michele Russotto ha rappresentato per decenni un punto di riferimento del giornalismo palermitano sul versante dei periodici politico economici e dell’informazione regionale radiotelevisiva.
Dagli ormai mitici “Domani” e Telesicilia, diretti da Giuseppe Maggio Valveri, a “Palermo” il mensile edito dalla Provincia regionale che diresse dal 1981 al 1998, alle molteplici collaborazioni come editorialista, Michele ha sempre seguito la rotta del giornalismo di pubblica utilità e allo stesso tempo dell’informazione attenta e intransigente nei confronti del variegato contesto regionale e provinciale. Se il giornalismo è un respiro di libertà, si può ben dire che Michele Russotto l’ha sempre respirato a fondo”.
Michele ci ha lasciati il 13 agosto del 2013 dopo aver lottato per anni contro un male incurabile, se n’è andato di mattina presto lasciando ai familiari quel sorriso che solo lui sapeva fare, un misto di serenità e “forse anche stavolta vi faccio uno scherzo”.
Il suo modo di fare giornalismo, come qualcuno ha suggerito, dovrebbe essere studiato tra chi si appresta ad intraprendere questo cammino.