Restart, due mesi di eventi culturali a Palermo
- La storia del Palazzo Abatellis, tra intrighi burocratici e bombe americane
- Il vero nome del proprietario è Francesco Patella
Comincia Restart, Palermo riapre i suoi monumenti con un programma in notturna di visite ed eventi in calendario dal 2 luglio sino al 28 agosto. Restart parte, con l’edizione 2012 da Palazzo Abatellis, splendido palazzo della nostra città. Lì, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione. Iniziamo questi due mesi di racconto, andando a scoprire la storia di quell’edificio che oggi ospita la Galleria regionale della Sicilia.
Voi lo chiamate Palazzo Abatellis. Ma il vero nome è Patella, perchè il suo proprietario era Francesco Patella. Al ricco burocrate del regno forse ci siddiava quel cognome tanto cheap. Così, se lo tradusse in forma latinizzata. Il cavaliere palermitano – nonchè Maestro Portolano del Regno sotto Re Ferdinando il Cattolico – aveva fatto tanti piccioli. Patella controllava porti e commerci della Sicilia, che mai erano stati così fiorenti: siamo alla fine del quattordicesimo secolo.
Le iscrizioni in marmo di Palazzo Abatellis
Per ricordarci che pezzo d’uomo era il Patella, basta leggere le iscrizioni in marmo all’ingresso del palazzo. A destra scorre l’accrocco dei titoli conquistati. A sinistra vien fatto sapere che quel palazzo così bello e imponente, l’Abatellis /Patella se l’era meritato. Dunque ben diritto aveva a godersi onore e ricchezze guadagnate.
Patella aveva al suo fianco nobile fimmina spagnola, Eleonora Solerà. Immaginate le turille montate a quel poveruomo dalla nobildonna, costretta ad accompagnare il marito per i porti siciliani e alloggiare talvolta anche sotto una tenda. A quella fimmina, che doveva garantire prole e quindi eternità alla gloria degli Abatellis, il Portolano ci fici u’ palazzo. Primo passo fu il comprare terreni. Patella si piazzò in quella che oggi chiamiamo via Alloro, ma ai tempi era la Ruga nova de Alamannorum, la strada dei tedeschi.
Palazzo Abatellis e le prammatiche Aragonesi
Qualche fango di ieri, affondato nello strame dalla gloria immortale dell’imponente palazzo, mise in giro la voce che per edificare il palazzo a Patella arrivò l’ammuttuni. La diceria era che quell’uomo ,così potente e ammanigliato, fosse riuscito a issare il cantiere in quella zona, sfruttando le clausole delle ”prammatiche Aragonesi” , il regolamento edilizio promulgato da Ferdinando il Cattolico. Una sorta di piano regolatore ante litteram in grado di offrire notevoli privilegi a chi costruendo nuovi edifici donava eleganza e decoro alla città. Roba che per astuzia dovrebbe far impallidire di vergogna i ciancimini di ieri e di oggi.
L’architetto Carnalivari e la sciarra con Guglielmo Aiutamicristo
A.D. 1490, con il terreno sotto chiave e forte delle”prammatiche”, Patella si mette a caccia di un architetto. Per tirare su quel popò di roba venne arruolato Matteo Carnalivari da Noto. A Palermo è un illustre sconosciuto, in Spagna viene venerato come un dio della pietra e della creatività. Carnalivari è arrivato a Palermo già l’anno prima. L’ha portato in Sicilia un ricchissimo banchiere di origine pisana: Guglielmo Aiutamicristo, barone di Misilmeri e Calatafimi. L’uomo d’affari aveva ingaggiato l’architetto per la sistemazione e l’ampliamento del suo castello di Misilmeri e la costruzione della sua dimora palermitana. Anche lui voleva una domus magna. Ma il progetto palermitano dell’Aiutamicristo rallenta, sia per quisquilie burocratiche, sia per la pessima scelta dei terreni.
Così, nella vita di Carnalivari, entra in scena Abatellis. Approfittando delle disgrazie dell’Aiutamicristo – cui evidentemente il cognome non era stato di giovamento almeno in quel caso – il Portolano di Sua Maestà soffia l’architetto al pisano. Patella riesce a far firmare un contratto a Carnalivari per la costruzione della dimora di famiglia. Il 16 gennaio 1490 viene siglato il contratto d’opera. I lavori partono a timpulata. Abatellis non bada a spese e arruola il console della corporazione dei maestri muratori palermitani Niccolò Grisafi. Viene creata una task force di fabbri, muratori, scultori, maestri lapidici. E un numero mai calcolato di schiavi.
La sciarra con Aiutamicristo era dietro l’angolo. Quando il banchiere pisano comprende le regole della burocrazia siciliana e risolve i problemi di staticità del terreno, Carnalivari è richiamato all’ordine. Il diritto di prelazione non ammette deroghe. Ma per fortuna dell’Abatellis il suo monumentale palazzo, in un solo anno di lavori, è quasi completato. Per quel che resta da fare, Abatellis ingaggia due architetti lombardi, Bernardo da Fossato e Domenico Raimondi. Il palazzo viene completato nel 1495.
Ma non è una storia a lieto fine. Quando sei convinto di poter godere i frutti del tuo lavoro, sorella Sfiga si presenta a ricordare la nostra fragilità. Abatellis perde la giovane moglie spagnola. Si risposa, ma neanche con la seconda consorte, la palermitana Maria Tocco, riesce a perpetuare la sua stirpe. Il casato Abatellis finirà con lui. Estinto. Il Portolano di Sua Maestà muore nel 1508. La sua ultima volontà è un atto di fede: dispone che alla morte della moglie quel palazzo divenga un Monastero di suore dell’ordine benedettino. Delle sue ultime volontà se ne fotteranno bellamente le suore del Monastero di Santa Caterina: il 19 maggio 1526, le religiose dell’Ordine domenicano occupano il palazzo e lo adattano a monastero. Vabbè che ci fa? Sempre suore sono. Eh no, è come se al giorno d’oggi qualcuno obbligasse un tifoso degli irriducibili rosanero a indossare la maglia rossoblu del Catania.
Palazzo Abatellis resiste alle bombe americane nella seconda guerra mondiale
Eppure, quel palazzo per cui Francesco Patella Abatellis ha tanto combattuto è ancora lì, esattamente dove e come lo volle il suo fondatore. Neanche le bombe degli amerikani l’hanno tirato giù. Certo, ci sono andati vicini, quando la notte fra il 16 e il 17 aprile 1943 una bomba alleata lo sgrisciò di brutto, causando parecchi danni. Era destino che quella dimora diventasse il simbolo culturale della nostra comunità. Basti pensare che nella Sicilia degli sprechi, dei ritardi e delle castronerie burocratiche, il restauro post bellico dell’Abatellis venne completato nel 1950. Senza dubbio, è un caso da Restart.
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