Non verrà restituito al costruttore Francesco Zummo il patrimonio di circa 200 milioni di euro che gli venne sequestrato dalla Dia nel 2010.
Dopo la decisione della corte d’appello di dissequestrare l’enorme tesoro accumulato dal costruttore, ritenuto tra i riciclatori dei soldi sporchi accumulati dall’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino, la Procura generale fece ricorso in Cassazione. L’impugnativa portava le firme dei pg Mirella Agliastro e Luigi Patronaggio, ora procuratore di Agrigento.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso e ha rinviato il processo alla corte d’appello di Palermo che dovrà pronunciarsi nuovamente. Zummo, assolto dalle accuse di favoreggiamento e associazione mafiosa, è stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale per 5 anni perché ritenuto socialmente pericoloso proprio per i suoi legami con Ciancimino e con il clan mafioso della Noce.
Ad accusarlo lo stesso figlio di don Vito, Massimo, e il pentito Francesco Di Carlo. Gli investigatori si sono imbattuti per la prima volta nel nome di Zummo grazie a un appunto scoperto nella macchina di Michael Pozza, il “front man” della mafia canadese trovato ucciso nel ’79 a Toronto. Successivamente, in una rogatoria effettuata nell’ ambito dell’indagine ‘Pizza Connection’, coordinata da Giovanni Falcone all’inizio degli anni Ottanta, emerse che alcuni conti correnti di Zummo erano stati utilizzati per operazioni legate al traffico di stupefacenti denominato “Pizza connection”.
Dopo alterne vicende giudiziarie al costruttore furono sequestrati appartamenti, ville, auto, conti correnti bancari in Italia, Canada e nelle Isole Vergini. Zummo è sospettato di avere occultato parte del tesoro dell’ex sindaco e ha accompagnato due volte in Canada i figli di Ciancimino, assistendoli nell’acquisto di immobili. Tra beni finiti sotto sequestro anche il cosiddetto fondo Pluto: un deposito in una banca svizzera di 12 milioni.