Nuovo presunto caso di malasanità a Villa Sofia dopo la morte sempre nel reparto di Ortopedia, lo stesso in cui nel giorno dell’Epifania ha perso la vita Giuseppe Barbaro di 76 anni.

Questa volta a denunciare la morte di una paziente sono stati i figli di Maria Sordano, 88 anni, ricoverata per una frattura al femore il 15 ottobre e deceduta una settimana dopo.

La denuncia dei figli

La denuncia è stata presentata dai figli della donna: la polizia ha sequestrato le cartelle cliniche ed è già stata eseguita l’autopsia di cui si attendono i risultati. Ufficialmente la causa della morte sarebbe di fibrillazione atriale e aneurisma ma i parenti temono che non sia stato fatto tutto il possibile per salvare l’anziana degente.

“Mia madre – spiega il figlio Giuseppe Sparacio – si è fratturata il femore il 15 ottobre ed è stata ricoverata a Villa Sofia al reparto di Ortopedia e Traumatologia. Dopo tre giorni è stata sottoposta all’intervento per la riduzione del trauma: le condizioni, a detta dei medici, sembravano stazionarie ma, nella notte tra il 22 e il 23 ottobre, a quattro giorni dall’operazione è venuta a mancare in maniera inaspettata”.

Il racconto

Secondo il figlio, infatti, non c’erano avvisaglie che potessero fare pensare a un epilogo del genere: “È vero – sottolinea Sparacio – che mia mamma era fragile, come del resto tutte le persone della sua età, ma era seguita con grande attenzione e tenuta sotto controllo costantemente. Non vogliamo dare giudizi affrettati, abbiamo nominato il nostro consulente e attendiamo l’esito dell’autopsia. C’è qualcosa che non ci convince, ci aspettiamo la verità perché non si può morire per una frattura al femore dopo quattro giorni di ricovero”.

Sotto accusa anche le condizioni del reparto di Ortopedia: «Lasciava a desiderare sotto vari aspetti – è l’opinione di Sparacio -. Nella stanza di mia mamma, al quarto piano, il letto era a un metro dal bagno, dentro c’erano due lettighe dismesse e i bidoni della spazzatura dove veniva gettato di tutto, dalla mascherina dell’ossigeno caduta a terra, alle padelle con l’urina fino ai resti di cibo con piatti e bicchieri di plastica. Insomma le condizioni sanitarie erano davvero precarie».

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