Per anni la Regione siciliana ha pagato un affitto per un immobile vuoto nell’area di Catania. A renderlo noto è il governatore, Nello Musumeci, parlando del monitoraggio, in fase di definizione, del patrimonio immobiliare pubblico. Musumeci ha fatto intendere che sono tanti i casi “terrificanti” appresi dal governo da questa indagine condotta per avere un quadro chiaro dei beni. “E’ incredibile quello che stiamo scoprendo”, dice il governatore.
Il governo Musumeci ha anche “scoperto” che la Regione siciliana è proprietaria di 500 mila ettari di terreni. “Abbiamo chiesto ai vari uffici di fornirci i numeri, è stato terrificante sapere che non esisteva una banca dati”. Il dato sull’intero patrimonio immobiliare della Regione è in fase di definizione, il governo ne darà conto nei prossimi giorni. “Vogliamo dare i terreni ai giovani”, dice Musumeci.
La Sicilia non dispone, come avviene per lo Stato, di una Agenzia del Demanio pur avendo potestà su una quantità di beni che ricadono nel demanio regionale e come tali sono e vano trattati. Per anni si è tentata la conoscenza e la valorizzazione dei beni demaniali con risultati altalenanti. la consistenza di questi beni è stata anche usata,. nel bilanci regionali, come partita di giro quantificando possibili incassi (poi non realizzati) che inseriti come previsione permettevano di inserire uguali uscite per spese varie. Nel tempo queste spese sono state, poi, coperte da mutui e varie altre operazioni bancarie e di alta finanza per ripianare il disavanzo creato dal mancato incasso.
“Stiamo conducendo un’operazione verità sul patrimonio immobiliare della Regione – dice Musumeci -. Una giungla di dati, competenze, appunti, che a tutt’oggi non consente di avere un quadro completo, aggiornato e dettagliato degli immobili rustici e urbani di proprietà della Regione e dei suoi enti strumentali”.
“Si va – ha proseguito il governatore – da ex feudi e piccoli lotti di terreno, superstiti della riforma agraria, a masserie e capannoni di industrie alimentari dismesse, a campagne in pianura e in alta montagna. Un immenso patrimonio che potrebbe superare i 550mila ettari: solo l’Ente di sviluppo agricolo è proprietario di circa 400mila ettari; il dipartimento per lo Sviluppo rurale ne gestisce, invece, 150mila. E poi ci sono gli immobili appartenenti alle Aziende sanitarie provinciali, provenienti essenzialmente da lasciti e donazioni di benefattori”.
“Per la stragrande maggioranza di questi beni – ha aggiunto ancora il presidente – mancano dati dettagliati e valutazioni agronomiche. Inutile dire che tra le pieghe di tanta indifferenza, che ha caratterizzato negli anni la gestione del patrimonio pubblico in Sicilia, si annidano mafiosi, speculatori, opportunisti e qualche ‘amico del giaguaro’, che detengono senza alcun titolo immobili non di loro appartenenza”.
“E’ il momento – ha concluso Musumeci – di dire basta a tanto disordine. Neppure l’istituzione della Banca della terra, avvenuta con una legge dell’Ars del 2014, è servita a razionalizzare i fondi rustici per scopi di valenza sociale e per creare nuova occupazione. Oggi ho tenuto il primo incontro con i dirigenti delle Finanze, dell’Agricoltura, dello Sviluppo rurale, della Salute e dell’Esa. Ci vorrà del tempo, ma la strada imboccata la percorreremo senza tentennamenti”.
Musumeci ha rese note queste notizie a margine dell’ufficializzazione dell’accordo di programma firmato dalla Regione siciliana con il Consorzio nazionale imballaggi (Conai) con l’obiettivo di valorizzare il ciclo della raccolta differenziata nell’isola. Alla firma, a Palazzo d’Orleans, il governatore Nello Musumeci, il presidente del Conai Giorgio Quagliuolo e l’assessore regionale all’Ambiente Alberto Pierobon.
Gli ultimi dati, spiega il governatore, danno la raccolta differenziata al 35%. “Quando ci siamo insediati era al 21% – ha detto Musumeci – Ora i dati sono in continuo aumento e non abbiamo portato nemmeno un Kg di spazzatura all’estero, come ci aveva suggerito il governo nazionale”. “Ci sono piccoli comuni virtuosi, dove la raccolta è all’80% – ha aggiunto – Purtroppo le grandi città vanno a rilento, c’è chi è all’11%”.
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