Rispetto a 10 anni fa il numero di dipendenti regionali dimezzato, addirittura di dirigenti ne rimarranno solo 1 su 5. In Sicilia scatta il campanello d’allarme anche per la situazione attuale. Perché da un lato c’è il sostanziale blocco delle assunzioni per altri 9 anni previsto dall’accordo Stato-Regione, siglato dal precedente governo Musumeci. Dall’altro lato il progressivo pensionamento del personale regionale che si è drasticamente ridotto negli ultimi 10 anni. Questo ha portato ad uno svuotamento soprattutto delle qualifiche di funzionario e istruttore indispensabili per l’istruttoria e la definizione di tutti i procedimenti amministrativi.
I dirigenti
Nel caso dei dirigenti regionali la diminuzione degli addetti è, addirittura, del 70% e raggiunge il 100% nel caso dei dirigenti di I°e II° fascia. Questo non consentirebbe, “ipso iure”, nomine legittime dei dirigenti generali tanto che più volte la magistratura è già dovuta intervenuta censurando la Regione. Adesso il Cobas/Codir, partendo dai pubblici dati sul personale, parla di situazione grave. Questo sulla base della previsione dei pensionamenti per vecchiaia a 67 anni, non tenendo neanche conto delle fuoriuscite anticipate per l’anzianità di servizio raggiunta ricongiungendo altri servizi o riscattando il diploma di laurea (41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini). E’ un quadro preoccupante quello disegnato dal maggiore sindacato dei dipendenti regionali, che lancia oggi l’allarme sul rischio di default organizzativo negli uffici siciliani.
Il faccia a faccia con il governo
L’organizzazione dei lavoratori regionali diffonde il report sul personale a ridosso della convocazione dei sindacati di oggi a mezzogiorno. Chiamati a raccolta dall’assessore alla Funzione pubblica, Andrea Messina, cosa che ha sospeso la manifestazione di protesta sotto Palazzo d’Orleans del 24 maggio scorso. E il sindacato va oltre la denuncia e fa anche una concreta proposta al governo Schifani. Iniziare un’operazione “verità” sul personale della Regione Siciliana che consenta la reingegnerizzazione delle categorie e un nuovo modello organizzativo al passo con i tempi. Tenendo conto dell’era del digitale e con l’intelligenza artificiale che rivoluzionerà ulteriormente il lavoro burocratico.
Cosa serve
“Intanto, necessita – dichiarano Dario Matranga e Marcello Minio, segretari generali del Cobas/Codir – un ‘bilancio delle competenze’ di tutto il personale regionale. Un censimento delle professionalità e dei titoli di tutti gli addetti, una mappatura aggiornata delle reali funzioni svolte quotidianamente da tutti i lavoratori. Nella maggior parte dei casi, sappiamo già, travalicano le formali categorie di appartenenza. Chiediamo, quindi, che si proceda alla riclassificazione di tutto il personale in un nuovo sistema classificatorio. Che sia coerente con le reali necessità della macchina amministrativa, attraverso una norma transitoria di prima applicazione che resetti la Regione, consentendole di ripartire a pieno regime con un nuovo sistema in cui vengano cancellate le qualifiche obsolete. Si deve puntare molto sulla valorizzazione di tutto il personale e sulle alte professionalità”.
La paralisi organizzativa
“In mancanza di un provvedimento di reset come quello che chiediamo – aggiungono i rappresentanti Cobas/Codir -, entro fine legislatura, a causa della fuoriuscita di altri mille e 500 tra funzionari e istruttori, la macchina amministrativa sarà condannata alla quasi paralisi organizzativa. Non si potranno più svolgere le funzioni amministrative vitali per l’economia e la collettività siciliana. Anche perché, con il vincolo previsto dall’accordo Stato-Regione, non è possibile fare assunzioni se non con il contagocce”. La sigla evidenzia che i lavoratori ormai da 22 anni si vedono negati percorsi di carriera e sono i primi a subire un sistema organizzativo inadeguato.
Il precedente
Analoga manovra a quella rivendicata oggi dal sindacato Cobas/Codir fu condotta dalla Regione Siciliana nell’anno 2001. Fu varata la riclassificazione di tutto il personale regionale da un sistema classificatorio in otto livelli (che esisteva dal 1971) all’attuale sistema classificatorio in quattro categorie. Anch’esso però ormai superato dalla digitalizzazione che accorcia sempre di più la filiera produttiva nei procedimenti amministrativi.
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