Con la cancellazione del reddito di cittadinanza in Sicilia, in 12 mesi sono venuti meno circa 700 milioni di euro di sussidi per le fasce più deboli della popolazione. Sono i numeri resi noti dalla Cgil.
Secondo il sindacato, le misure che hanno sostituito il reddito, come l’assegno di inclusione sociale (Adi), hanno infatti coinvolto un numero nettamente inferiore di persone: 351.200 con l’Adi, contro le 446.976 che beneficiavano del reddito di cittadinanza. Anche il numero di nuclei familiari coinvolti è sceso da 236.000 a 142.250. Inoltre, le 17.217 persone destinatarie del programma di supporto alla formazione e al lavoro, hanno in media percepito il sussidio per soli 2,3 mesi su 10. Sono questi i dati dell’Osservatorio Inps elaborati dalla Cgil siciliana, secondo cui “il governo nazionale fa cassa sulla povertà e sul disagio sociale, mentre il governo regionale tace e accumula ritardi che sono la causa dei mancati pagamenti”.
Per il segretario generale Cgil Sicilia Alfio Mannino e il componente della segreteria regionale Francesco Lucchesi, “quasi 100 mila famiglie siciliane sono rimaste senza sussidio e non certo perché è aumentata l’occupazione e con essa i redditi, che in Sicilia restano tra i più bassi d’Italia, mentre l’indice di povertà si conferma alto”.
Mannino e Lucchesi rilevano inoltre che “per quanto riguarda la formazione a supporto del lavoro, i mancati pagamenti sono responsabilità della Regione, che non ha monitorato adeguatamente l’attività degli enti formativi in merito ai corsi erogati”.
Da qui l’appello della sigla sindacale in difesa delle fasce più fragili della popolazione. “Non si può non tenere conto dei soggetti più fragili – concludono i sindacalisti – aggiungendo anche questo alla mancanza di politiche di sviluppo per il Mezzogiorno e a misure come l’autonomia differenziata che rischiano di affossare ancor di più la Sicilia”.