“Ragazzi, state attenti non vi buttate nella malavita perché non conviene. Lo fate per i soldi? Tempo perso, tanto prima o poi ve li sequestrano”: è l’appello lanciato da Gaspare Mutolo ai giovani siciliani. Ospite di Talk Sicilia, il collaboratore di giustizia che ha abbandonato Cosa Nostra la sua storia personale e come è cambiata la sua vita dopo aver detto alla mafia. Ma il suo primo pensiero è per i tanti ragazzi siciliani che rischiano di finire inghiottiti dalle bande criminali. Il suo, è un appello a non sprecare la vita”.
“Quando decido di collaborare mi ha chiamato Falcone e gli ho detto: voglio collaborare, ma voglio collaborare in un modo diverso. Gli ho detto cge volevo recidere questo cordone, dice. Dopo la strage dei familiari di Mannoia, non c’era più nessuno che voleva collaborare. Ho aperto una breccia che neanche Buscetta aveva aperto”. Così Mutolo ricorda i primi passi della collaborazione, prima col giudice Falcone e poi con Paolo Borsellino.
“Con Falcone ci eravamo conosciuti qualche tempo prima – continua – e mi chiedevo come mai il Giudice perseguitava soltanto me tra i componenti della mia famiglia”. E Mutolo, a quei tempi, quando ancora non aveva “saltato il fosse”, al giudice che lo interrogava rispondeva sempre così: ” Io mi chiamo Gaspare Mutolo, sono nato a Palermo e sono innocente”.
“Forse s’era stabilito un rapporto di simpatia”, ricorda Mutolo citando un altro aneddoto dall’archivio dei suoi ricordi: “Alla fine di un interrogatorio, era presente anche un avvocato, Falcone ha preso un bicchierino ripieno di whisky e me l’ha offerto”. Con quei piccoli gesti, il giudice Falcone è così riuscito a conquistare la fiducia di un pezzo da novanta della mafia di quei tempi. L’umanità di Falcone. “Dopo, quando ho deciso di collaborare, volevo parlare con lui, perchè sapevo che era completamente contro la mafia”.
Per raccogliere le dichiarazioni di Mutolo si dovranno superare diversi ostacoli. Falcone, in quel periodo s’era trasferito a Roma per un incarico al Ministero. Ma Mutolo era determinato: “O parlo con lui o con Paolo Borsellino”…
Ci sono delle ragioni profonde nella decisione presa da quel ragazzo della borgata di Partanna Mondello, giunto alla corte di Totò Riina, il Capo dei Capi: “Non è che avevo paura perché vedevo che la mafia non è più quella di una volta. Abbiamo sentito che avevano strangolato una donna incinta e hanno sparato a quelle donne della famiglia che prima non si faceva. Io io no. Io non mi sono sentito mai un rapitore. Io ho ripudiato, io ho rinnegato quello che era la mafia moderna. Erano diventati pezzi di bestie che giocavano a carte con la vita delle persone”.
Sono passati più di trenta anni dai quei giorni. Mutolo ha cambiato vita, ha finalmente svelato il suo volto. E vive per la sua passione, la pittura. “Vivo per la pittura, io ormai sono vecchio. Per me esistono ormai soltanto la musica e la pittura. A volte è la musica che mi dà la spinta per stare in piedi. Questa mia passione è nata in carcere, tantissimi anni fa a Sollicciano”.