Toni aspri giovedì scorso in aula all’Ars durante il dibattito sulla questione morale. Un scontro verbale che ha toccato il suo apice con lo scambio di battute fra il governatore ed il grillino Antonio De Luca.
A distanza di 48 ore proprio l’esponente 5 stelle chiarisce la sua posizione con una lettera aperta al governatore: “Giovedì, per come è mio dovere di deputato eletto presso l’Assemblea Regionale Siciliana, ho ascoltato con attenzione e rispetto tutti gli interventi succedutisi durante la discussione che si è svolta a Sala d’Ercole sulla questione morale. Discussione resasi necessari a in seguito alle tante indagini che vedono protagonisti diverse figure politiche regionali. Durante il mio intervento – scrive De Luca – ho cercato di trasmettere all’Aula tutto il mio disagio di rappresentante del popolo siciliano che non aveva potuto fare altro, in questi mesi, che prendere atto del fatto che il presidente Musumeci fosse rimasto silente al cospetto delle tante inchieste giudiziarie che hanno investito diversi esponenti, anche titolari di importanti incarichi, della sua coalizione”.
“Un silenzio assordante, se si pensa che Musumeci nella scorsa legislatura era il presidente della commissione Antimafia regionale – continua – e che si era battuto per l’adozione di un codice etico da parte del parlamento regionale, quale strumento di autoregolamentazione del potere politico. Che senso ha, mi domando, proporre l’adozione di un codice etico, porre attenzione nella composizione della propria lista elettorale, ergersi a simbolo di legalità, se poi i soggetti politici con cui ti accompagni nel governo dell’Isola non si adeguano a tale condotta?
Il mio intervento è stato conseguentemente duro, impietoso, aspro, ma di certo figlio di un disagio, di un disappunto, derivante dal fatto che da Musumeci mi aspettavo che pretendesse maggior rigore da parte dei suoi alleati”.
“Pensavo che avrebbe preteso che almeno i soggetti indagati per i fatti più gravi facessero un passo indietro – continua il pentastellato – dagli incarichi assunti, magari dimettendosi da capogruppo o da presidente di commissione. Non sempre, infatti, è possibile, e soprattutto opportuno, attendere i canonici tre gradi di giudizio.
Da Musumeci credo fosse lecito aspettarselo. Invece non è successo niente, il presidente si è trincerato nel silenzio e tutti sono rimasti al proprio posto, come se nulla fosse accaduto. Il disagio si è così trasformato in disappunto e il disappunto in critica, politica, ovviamente”.
“L’ho rimproverato, l’ho provocato, cercando di innescare in lui un sussulto di orgoglio. Gli ho detto che la sua giacchetta, che non doveva essere tirata da nessuno, era andata persa, gettata via, venduta insieme alla dignità di un percorso politico che aveva convinto molti siciliani che lui sarebbe stato un freno al modo di fare politica dei suoi alleati”
Ma De Luca tiene a separare la critica politica dal rispetto dovuto alla persona “L’uomo Musumeci merita il massimo rispetto, ma il giudizio sull’operato politico è un’altra cosa. Confidavo che il presidente durante il suo intervento fornisse spiegazioni sul tempo trascorso e rassicurazioni sul futuro. Invece ha preferito aggredire me e il Movimento 5 Stelle e assumersi la responsabilità politica di ciò che accade, parlando di argomenti che nulla avevano a che vedere con la politica regionale”.
“Credo che Musumeci abbia perso una buona occasione per rivolgere un serio messaggio ai suoi alleati e ai siciliani tutti, un messaggio di probità e legalità, accompagnato, magari, da un invito a fare un passo indietro a chi, come Savona, accusato di truffa, è saldo al comando della commissione che tiene i cordoni della finanza regionale.
Non ero, e non sono, arrabbiato con l’uomo Musumeci, – conclude – ma sono fermamente convinto che il percorso sia importante tanto quanto il traguardo da raggiungere, per cui il presidente non cerchi di trasformare la mia critica politica in un un’offesa, perché non era di certo questo il mio intendimento”.
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