Qualche giorno fa è stato reso pubblico l’esito del primo dei diversi ricorsi al TAR proposti dagli enti esclusi nella graduatoria provvisoria dell’Avviso 8 della Formazione Professionale siciliana. Nello stesso giorno l’Assessore Marziano ha dato notizia della ripartenza dell’OIF con l’assegnazione di 76 milioni di euro a favore degli enti che curano la formazione professionale in contrasto al fenomeno della dispersione scolastica in Sicilia. Si tratta dell’OIF quindi, l’altro grande filone che è stato capace di sostenere il comparto a partire dal 2007 anno in cui si è avviata la sperimentazione in seguito ad un accordo del 26 gennaio dello stesso anno tra il Ministero dell’Istruzione e la Regione Siciliana rappresentata, all’epoca dei fatti, da Patrizia Monterosso Dirigente Generale dell’Assessorato all’Istruzione.
Si tratta dell’OIF dicevamo, Obbligo d’Istruzione e Formazione, percorsi rivolti agli utenti in età di obbligo scolastico sostenuti da due linee di finanziamento: la prima da attuarsi a cura delle scuole, la seconda da parte degli enti di Formazione accreditati a svolgerla. Ma la storia di questi corsi di formazione, a partire dal 2007, non è per nulla chiara tra cambi al vertice dell’Assessorato (in ordine sparso, Felice Bonanno, Ludovico Albert, Letizia Di LIberti, Annarosa Corsello, Gianni Silvia) e procedure di gestione e controllo di difficile comprensione ai suoi stessi autori ed attuatori. Non si tratta di Fondi europei, quindi non soggetti al controllo della Corte dei Conti. Fondi assegnati direttamente dal Ministero alla Regione Siciliana.
Non è chiaro soprattutto se questa mole di fondi pubblici (un importo superiore ai 100 milioni di euro soltanto nel periodo tra il 2012 ed il 2016) debba essere mai rendicontata e sottoposta a controllo finale. Di proroga in proroga infatti i corsi del 2012 -2013 non sono ancora stati rendicontati mentre non è stato completato il controllo dei rendiconti relativi agli anni del 2011-2012.
Ma i soldi gli enti li hanno ricevuti e continueranno a farlo: sulla base di fidejussioni a garanzia, l’Assessorato eroga ogni anno acconti in misura dell’80% di quanto decretato per ogni progetto formativo. Ma alla fine nessuno prende il saldo del 20% e nessuno pare abbia nemmeno voglia di chiederlo. La vicenda si chiude a “sconto 20%” e rimangono tutti contenti: i politici che hanno facilità di spesa di una tale mole di risorse, i burocrati che non devono lavorare oltre sul fronte delle verifiche e dell’assunzione di responsabilità, gli enti di formazione che possono portare avanti la baracca senza dare conto (è la parola giusta) a nessuno.
Pare in realtà che un tentativo di verifica negli anni scorsi sia stato messo in campo: appalto esterno per la rendicontazione e revisione dei conti dei progetti, esiti della verifica drammatici. Tagli prospettati dai tecnici in musura superiore agli acconti già erogati. Partliamo di una somma pari ad alcune decine di mln di euro.
E la burocrazia come ha reagito in quella occasione? Niente, tutto messo da parte, se ne parlerà in una prossima occasione, al momento non si chiudono i rendiconti ed i relativi procedimenti amministrativi.
Ma perchè questa mole di tagli in uno dei pochi casi in cui si è provato a chiudere i rendiconti? L’amministrazione aveva richiesto agli enti di presentare i documenti contabili di spesa in copia conforme all’originale. I tecnici, esterni all’amministrazione, selezionati attraverso gara d’appalto, non hanno potuto accedere ai documenti in originale, così come perlatro prescritto dal Manuale della revisione contabile. Risultato? Grande parte delle spese inammissibili.
La questione sarebbe enorme, milionaria e degna di approfondimenti ulteriori. Ma a chi importa approfondire? Anche nelle più consuete trattative commerciali lo sconto 20% è una pratica diffusa. A maggior ragione se questo sconto comporta l’assenza di controlli e verifiche. E se poi quei corsi abbiano avuto luogo o no a chi importa. La cassa è fatta e la politica e la burocrazia proseguono a braccetto sul solco di quello che sanno fare meglio.
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