“È morto Bernardo Provenzano. Un uomo di mafia. Un Capo. Una persona che ha commesso tanti omicidi e traffici illeciti, e tante altre cose che non basterebbe questa pagina. Non lo conoscevo. Non gioisco, non l’ho mai fatto, mi pare barbaro. Lo facevano i mafiosi dopo gli omicidi eccellenti e le stragi. Ed io voglio essere diverso”.
Inizia così un lungo post sui social network, strumento di esternazione sempre più usato anche dai magistrati, di Nico Gozzo, attuale sostituto procuratore generale a Palermo, già sostituto a Caltanissetta come a Palermo.
Un post nel quale il magistrato getta ombre sull’operato dei suoi colleghi di palermo nel 2013 quando lui era a Caltanissetta: “Mi rimangono due rimpianti” scrive Gozzo che poi li elenca: “Mi rimarrà sempre il dubbio che quel 31 maggio 2013 tutto potesse andare diversamente. Quando, cioè, Provenzano espresse timidamente, e già provato psichicamente, la possibile volontà di collaborare alla Procura di Palermo. Che era andata a sentirlo senza noi di Caltanissetta, nonostante diversamente si fosse deciso. Peccato per una fuga di notizie che immediatamente accadde, e che produsse l’inaridimento della possibile importantissima fonte di dichiarazioni. Senza contare che poi accaddero una serie di eventi, di cui si è occupata la stampa (si ricorderà la foto di Provenzano con un ematoma sulla testa)”.
Ombre sinistre dalle parole di Gozzo anche sulla caduta in carcere di Provenzano, dunque, ma non si ferma qui. “In questo momento, mi sento pure di dire che lo Stato italiano avrebbe potuto, in questi ultimi anni, marcare la propria differenza. Far sentire, nel momento in cui Provenzano ‘non ci stava più con la testa’, la differenza tra uno stato di diritto, che applica le norme, anche nei confronti di un mafioso – e dunque, se uno non ragiona e non comunica, non può essere pericoloso – e le belve di Cosa Nostra, che le regole le fanno solo a loro uso e consumo, calpestando sempre la vita umana”.
“Ed invece – conclude Gozzo – si è voluto continuare ad applicare il 41 bis ad un uomo già morto cerebralmente, da tempo. Con ciò facendo nascere l’idea, in alcuni, che la Giustizia possa essere confusa con la vendetta. O che il diritto non è uguale per tutti. È ciò, per me, è inaccettabile”.
E intanto la Procura di Milano ha disposto l’autopsia sul corpo del boss Bernardo Provenzano. Lo ha deciso il Pm Alessandro Gobbis per fugare qualsiasi dubbio sulle cure ricevute all’ospedale San Paolo e sulle cause della morte legate all’aggravarsi della malattia che lo aveva colpito ormai da tempo. Gli esami autoptici, stando a quanto è stato precisato in Procura, saranno effettuati domani o al massimo dopodomani all’Istituto di medicina legale di Milano dove la salma è stata trasferita. Aperto formalmente anche un fascicolo di inchiesta ‘modello 45’, ossia senza ipotesi di reato né indagati. Con la fissazione dell’autopsia, tra l’altro, il legale di Provenzano, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, potrà nominare un consulente per seguire gli accertamenti.
E infine il questore di Palermo Guido Longo ha disposto che vengano vietati i funerali per il boss per motivi di ordine pubblico, come già avvenuto in passato per altri casi simili. Il boss sarà comunque sepolto nella tomba di famiglia a Corleone
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