Ha preso tanti pugni per un punto contestato durante un incontro ai campionati regionali under 13.
E’ finito in ospedale in codice rosso per una partita di tennis in cui stava semplicemente assistendo una propria allieva.
E’ l’esperienza vissuta a Palermo da Gianmarco Calvo, trentunenne maestro del Tennis Club Umberto di Catania, ieri di scena allo Sporting Village di via Perrier in occasione dei campionati regionali maschili e femminili Under 13.
E’ stato lo stesso Calvo che, dimesso dall’ospedale, ha raccontato alla Sicilia di Catania quanto accaduto: «Mi trovavo a bordo campo per seguire la partita di Giorgia, un’atleta del Tc Umberto, impegnata nel primo turno della manifestazione contro una coetanea del Country Palermo. A un certo punto, col punteggio in bilico, le due ragazzine hanno avuto una discussione su una palla, cosicché, come si fa in questi casi, è stato sollecitato l’intervento del giudice arbitro. I
n quei frangenti ha provato a intromettersi il genitore della tredicenne palermitana, al quale, sempre come consuetudine, ho fatto presente educatamente che era giusto che le due atlete risolvessero la cosa fra loro e che sarebbe stato opportuno lasciarle giocare».
«Non l’avessi mai fatto – prosegue – Sono stato affrontato dall’uomo, che poi scoprirò essere un ex pugile, il quale subito mi ha apostrofato con un “ma tu cu minchia sì?” e che a seguire mi ha colpito dapprima con uno schiaffo, quindi, dopo essersi messo in posizione da boxeur, con un pugno alla mandibola che mi ha mandato realmente kappaò».
Qualcuno racconta che i pugni siano stati due, ma questo conta relativamente. Calvo ha perso i sensi e che, al risveglio, si sia ritrovato in stato confusionale, così da far scattare il trasporto in ambulanza in ospedale, dove la situazione non è migliorata e dove il maestro è stato sottoposto a una serie di accertamenti in codice rosso.
Nel frattempo il padre di Giorgia, che si trovava a Catania, ha appreso dalla figlia, in lacrime, quanto accaduto: è partito per Palermo, ma non prima di avere preteso, giustamente, che allo Sporting venisse chiamata la polizia.
«Non ho fatto in tempo a incontrarli, ma ho saputo che gli agenti hanno sentito il giudice arbitro, l’aggressore e pure la moglie dell’uomo, presente durante i fatti. Mi auguro che a questo “signore” venga presentato un conto salato: nel tennis queste cose sono tutt’altro che frequenti, di certa gente non abbiamo davvero bisogno».