Palermo

“Provo senso di colpa, vogliamo solo la verità”, l’ultimo saluto a Giuseppe Barbaro morto dopo 17 giorni in ospedale

Sono stati celebrati i funerali di Giuseppe Barbaro, scomparso all’età di 76 anni all’ospedale Villa Sofia di Palermo in attesa, da 17 giorni, di un intervento chirurgico nel reparto di Ortopedia. La messa si è svolta presso la chiesa santa Maria dei Rotoli celebrata da padre Salvatore Pistorio alla quale hanno presenziato amici e parenti di Giuseppe. Tra le prime file erano presenti gli affetti del settantaseienne e le figlie, ancora provate e intente a conoscere la verità sull’accaduto.

L’omelia

“Giuseppe verrà trasferito in paradiso, ma non per questo tutto è finito. Adesso si trova nella gloria di Dio Padre, adesso si trova in un mondo meraviglioso che è proprio il paradiso. e questa gioia che adesso lui ha ce la vuole proprio ridare a noi. Lui ci vuole comunicare di stare sereni, la sua anima comunica con le nostre anime. Cos’è il presente? il presente è tutte le volte in cui noi lo pensiamo e questa è una cosa meravigliosa. Ci sarebbe piaciuto averlo ancora con noi. Però abbiamo la sua presenza in un nuovo modo che ad oggi dobbiamo accettare. Buona permanenza in paradiso”. Ha salutato con queste parole, don Salvatore Pistorio, che ha voluto dare coraggio ai familiari del defunto che provano, ad oggi, un forte senso di colpa per aver lasciato che il padre venisse curato a Villa Sofia.

“Ho insistito io, ad oggi provo solo un forte senso di colpa”

Rimane l’amarezza di una delle figlie, Valeria Barbaro, che ha più volte ribadito di sentirsi addosso il peso della responsabilità nell’aver portato il papà, che attendeva un intervento chirurgico per una frattura scomposta, tra i reparti del nosocomio di Villa Sofia: “Ho insistito io affinché restasse lì. Lui voleva solo tornare a casa sin dal primo giorno. Spero che la morte di papà serva a qualcosa. Io sto provando un fortissimo senso di colpa, perché lui sin dal primo giorno ha avvertito questa mala sanità addosso e mi implorava di tornare a casa e io gli dicevo “Papà guarda che questo è il luogo più sicuro e più giusto per te in questo momento, dove ricevi cura e assistenza” e non è stato così. E oggi siamo qui – aggiunge – vogliamo solo chiarezza, quella chiarezza che non ci è stata mai data o che comunque a modo loro ci hanno voluto dare, solo chiarezza. Perché comunque secondo me anche lui vuole solo chiarezza e giustizia. Mi fa solo rabbia che mio papà non ci sia più per una frattura alla spalla, solo questo mi fa rabbia. Poi tutto il resto verrà da se, ed è giusto che sia così. Mio padre è stato un martire, spero che la sua morte faccia giustizia e consenta a tante altre persone come lui di restare invece in vita.

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Il racconto del calvario

“Mio suocero godeva di ottima salute prima del ricovero in ospedale del 21 dicembre, a testimoniarlo sono gli ultimi esami che aveva fatto a giugno scorso che non segnalavano alcun valore anomalo. Oggi, attraverso l’autopsia che comincerà alle 7.45 al Policlinico Paolo Giaccone (presso l’Istituto di Medicina legale, ndr), avremo tutto più chiaro”. A dirlo è Giuseppe Marino, genero di Giuseppe Barbaro, il 76enne deceduto il 6 gennaio a Palermo. Non si danno pace i parenti della vittima, scomparsa per un caso di presunta malasanità all’ospedale Villa Sofia di Palermo. La vicenda ha inizio alcuni giorni prima di Natale, il 21 dicembre, quando il paziente viene portato al pronto soccorso per una frattura alla spalla. Dopo un breve ricovero dal 24 al 27 dicembre, durante il quale Giuseppe sembra riprendersi, la situazione precipita rapidamente arrivando fino al decesso, registrato il 6 gennaio 2025.

La vicenda

“Il 28 dicembre Giuseppe Barbaro inizia a chiamare insistentemente i figli sostenendo di essere  stato legato a letto – racconta il genere – inizialmente pensavamo stesse vaneggiando ma l’indomani mattina scopriamo che era tutto reale”. Il paziente, descritto dai medici come eccitato ed agitato, viene trovato dai parenti su una barella spinta contro il muro e con le gambe ed il braccio destro legati. Una situazione che suscita preoccupazione tra i familiari. Poco dopo, una delle figlie dell’uomo, nota che il padre ha la febbre: presenta, infatti, una temperatura corporea alta, oltre 39°. Solo dopo la sollecitazione dei figli, all’uomo viene somministrato il paracetamolo. Da quel momento in poi le condizioni del 76enne peggiorano giorno dopo giorno.

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La tac e i valori critici di sodio nel sangue

Dal 29 dicembre in poi l’uomo comincia a mostrare segni di semi incoscienza che si aggiungono ai segni di grave malessere. Tra il 30 e il 31 dicembre, “una tac rivela un focolaio di polmonite e valori critici di sodio nel sangue, in particolare, ipersodemia con un valore di 178 – racconta sempre il genero – tengo a precisare che a giugno Giuseppe si era sottoposto ad alcuni esami per un intervento di cataratta e il valore del sodio nel sangue era perfetto – aggiunge – ad oggi non ci spieghiamo come sia possibile che il valore del sodio sia schizzato in pochi giorni”.

Nei giorni successivi, il paziente sembra essere sempre più assente e incapace di rispondere agli stimoli. “Il 6 gennaio, intorno alle 7.55 ci chiama un medico di Napoli arrivato in reparto – afferma Giuseppe – e ci riferisce che mio suocero è deceduto per un arresto cardiocircolatorio. “Adesso vogliamo conoscere solo la verità”, conclude Giuseppe Marino.

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