I giudici della corte d’appello di Palermo presieduta da Adriana Piras hanno condannato tutti i dirigenti della sanità, gli imprenditori e i faccendieri coinvolti nell’operazione Sorella Sanità che ha scoperchiato un patto corruttivo sugli appalti nella regione siciliana. Tutti tranne uno solo assolto.
Pene più pesanti per Antonio Candela ex direttore generale dell’Asp di Palermo e Giuseppe Taibbi. I giudici hanno aggravato la loro posizioni e inasprite le pene: sette anni e quattro mesi (sei mesi in più del giudizio di primo grado) sono stati inflitti ad Antonio Candela, ex manager dell’Asp di Palermo ed ex responsabile della cabina di regia regionale per il contrasto al Covid in Sicilia; sei anni e 4 mesi per il faccendiere Giuseppe Taibbi (sei mesi in più del primo grado). La Corte di appello ha accolto il ricorso del pubblico ministero. Un’ipotesi di concussione, caduta in primo grado, è stata riqualificata in induzione indebita a dare e promettere utilità.
Confermate le condanne in primo grado: i sei anni e 6 mesi a Fabio Damiani, ex manager dell’Asp di Trapani e responsabile della Centrale unica di committenza degli appalti. Quattro anni e 4 mesi per l’imprenditore agrigentino Salvatore Manganaro. Cinque anni e 10 mesi per Roberto Satta, ex responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie spa. Sette anni e due mesi a Francesco Zanzi, allora amministratore delegato della stessa società. Cinque anni e 10 mesi per Salvatore Navarra, ex presidente del consiglio di amministrazione di Pfe spa.
Unico assolto per non avere commesso il fatto è Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia della società Siram, difeso dagli avvocati Marcello Montalbano e Claudio Livecchi. La Corte ha inviato gli atti alla procura per contestare il reato anche a Damiani.