Nessuna richiesta di costituzione di parte civile al processo a Rosalia Messina Denaro, la sorella di Matteo Messina Denaro, il boss arrestato un anno fa dai carabinieri del Ros dopo trent’anni di latitanza. Oggi, davanti al gup si è tenuta l’udienza preliminare che dovrà decidere dell’eventuale rinvio a giudizio della donna per associazione mafiosa.

Nessuno ha chiesto di costituirsi parte civile

Contrariamente a tutti gli altri processi di mafia celebrati negli ultimi anni nessuno ha chiesto di costituirsi parte civile, né gli enti locali né le associazioni antimafia che solitamente partecipano ai procedimenti a carico di boss e fiancheggiatori. All’udienza di oggi sono state illustrate dalla difesa della donna una serie di eccezioni preliminari. il procedimento proseguirà il 29 gennaio. Rosalia Messina denaro è stata arrestata a marzo scorso su richiesta della procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia. L’accusa in aula è rappresentata dal pm Gianluca de Leo.

Secondo i magistrati la donna avrebbe gestito comunicazioni e affari del fratello

Secondo i pm la donna avrebbe gestito le comunicazioni e gli affari del fratello. E proprio piazzando una microspia nella sua abitazione gli investigatori sono riusciti a risalire al capomafia latitante. Rosalia aveva nascosto nella gamba di una sedia, dove i carabinieri cercavano di piazzare una cimice, una sorta di diario clinico del fratello allora ammalato del cancro che poi l’ha ucciso. Grazie al prezioso ritrovamento, i carabinieri hanno scoperto che col nome di Andrea Bonafede, identità’ prestatagli dal geometra di Campobello di Mazara Andrea Bonafede appunto, Messina Denaro era in cura alla clinica La Maddalena di Palermo dove, il 16 gennaio di un anno fa, è scattato il blitz.

Un anno fa la cattura del boss

Era il 16 gennaio 2023 e intorno alle 8.20 di un freddo lunedì mattina veniva arrestato, dopo quasi trent’anni di latitanza, Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss delle stragi di Mafia. Quell’uomo qualunque con un giubbotto di pelle, che si era recato alla clinica La Maddalena di Palermo per una seduta di chemioterapia, era in realtà il super latitante ricercato dagli inquirenti per decenni e, sotto la falsa identità di Andrea Bonafede, malato di un tumore al colon che lo avrebbe poi stroncato lo scorso 25 settembre nel carcere dell’Aquila.

La chiusura del cerchio

Un anno fa si chiudeva così un cerchio dopo anni di indagini e depistaggi, reti di protezione e verità mai venute a galla, e veniva consegnato alla giustizia l’ultimo boss del biennio stragista di Cosa Nostra. Non si esaurisce di certo qui il contrasto alla criminalità organizzata, ma il 16 gennaio scorso è stato assestato un colpo importante. A catturare Messina Denaro, che non oppose resistenza e confermò la propria identità, sono stati i Carabinieri del ROS in collaborazione col GIS, dopo giorni serrati di appostamenti, intercettazioni e indagini: quell’uomo, conosciuto come Andrea Bonafede e così registrato nei sistemi informatici della clinica La Maddalena, era in realtà uno dei dieci principali ricercati al mondo e da diverso tempo si recava a Palermo per le proprie cure, per ironia della sorte a poche centinaia di metri dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia. Già da tempo, del resto, erano insistenti le voci per le quali Messina Denaro fosse gravemente malato e gli inquirenti hanno battuto con determinazione su questa pista.

Le indagini e il metodo scientifico

Dopo anni di rigoroso metodo investigativo, la svolta è arrivata per caso a dicembre del 2022, con il rinvenimento di alcuni documenti conservati nell’abitazione della sorella del boss. Gli uomini del Ros dei Carabinieri si erano introdotti in casa per collocare delle microspie all’interno del piede cavo di una sedia, e un vero e proprio colpo di fortuna ha consentito di accelerare improvvisamente in un’indagine nella quale la fortuna c’entra veramente poco, come ha più volte ricordato il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia. In quello che per gli investigatori sembrava essere un ottimo nascondiglio, erano effettivamente già stati collocati degli incartamenti che ripercorrevano la storia sanitaria di un individuo, un vero e proprio diario clinico nel quale erano stati annotati date, interventi chirurgici, cicli di chemioterapia. Partendo da queste informazioni, attraverso controlli incrociati, si è potuta fare una scrematura dei possibili profili.

E quello di un tale di nome Andrea Bonafede nascondeva una grossa incongruenza: circa un anno prima, nel giorno in cui risultava essersi sottoposto a un’operazione, si trovava in realtà presso la propria abitazione di Campobello di Mazara, particolare che ha fatto convergere le indagini sulla possibilità concreta che fosse proprio questa l’identità dietro la quale si nascondeva Messina Denaro. A quel punto, con indagini svolte da remoto, penetrando nei sistemi informatici del Ministero della Salute e della clinica La Maddalena, è arrivata la conferma che i magistrati cercavano, infine è stata appurata la data della successiva visita. Per l’appunto, la mattina del 16 gennaio: non restava che organizzare il blitz per la cattura.