La corte d’appello di Palermo ha fissato il processo a carico di Pino Maniaci per il prossimo 3 aprile per rispondere delle accuse di estorsioni e diffamazioni. Il secondo grado arriva in seguito al ricorso della Procura di Palermo contro le assoluzioni in primo grado per le estorsioni e a quello dello stesso Maniaci per le condanne per diffamazione. In primo grado a Maniaci furono dati 1 anno e 5 mesi solo per le diffamazioni a mezzo stampa contro la richiesta avanzata dalla Procura di 11 anni e mezzo. Ad essere stata chiesta, ognuno per le proprie motivazioni, la riforma della sentenza di primo grado emessa nel 2021 le cui motivazioni però sono state pubblicate solo due anni dopo. Dunque non si chiude il capitolo che riguarda il factotum dell’emittente televisiva TeleJato. Nella stessa udienza del prossimo aprile prevista anche la sentenza.

I motivi dell’appello della Procura

Secondo la Procura le motivazioni del giudice di primo grado sarebbero “lacunose, illogiche e contraddittorie”. Ad essere avanzati anche alcuni aspetti di premesse tecnico-giuridiche ritenute erronee. La Procura sostiene che le intercettazioni renderebbero “piena evidenza della minaccia continua dell’agire di Giuseppe Maniaci”. Il giornalista, secondo l’originaria accusa, avrebbe esercitato il suo potere mediatico facendo pressioni per ottenere regalie e soldi da vari esponenti politici. Per le estorsioni erano contestati episodi nei confronti dell’allora assessore Gioacchino Polizzi (tornato recentemente in carica, ndr), dell’ex sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca e dell’ex sindaco di Partinico Salvo Lo Biundo.

I motivi dell’assoluzione

“Vuoti probatori” e “incongruenze”. Per questo motivo Pino Maniaci venne assolto dalle accuse di estorsione nel processo in cui era imputato a Palermo. Mai le sue “pressioni mediatiche” avrebbero raggiunto il livello della minaccia aveva detto il giudice Mauro Terranova nell’emettere sentenza. “La sentenza – sostiene nel fare appello la Procura – risulta censurabile sotto molteplici aspetti, sia di ordine tecnico e giuridico, che di tipo squisitamente logico. Il giudice non ha vagliato tutto il corposo materiale probatorio emergente dagli atti. Assolutamente idoneo a fondare una declaratoria di responsabilità penale per tutti i capi di imputazione”.

Le diffamazioni

Al contrario Maniaci venne condannato per le diffamazioni nei confronti di Gioacchino De Luca e dell’ex presidente del consiglio di Borgetto Elisabetta Liparoto. Con loro anche l’ex assessore sempre di Borgetto Vito Spina, il giornalista Michele Giuliano, l’operatore tv Nunzio Quatrosi e l’artista e docente Gaetano Porcasi. Ai politici Borgettani furono attribuiti fantomatici rapporti con esponenti della mafia. Agli altri tre invece furono fatti attacchi personali attraverso la tv gestita da Maniaci. In questo caso il giudice aveva parla di “uso spregiudicato della sua attività giornalistica”.

Maniaci, nel fare appello a questa parte della sentenza, attraverso il suo legale Bartolomeo Parrino sostiene che “non sono emersi in sede dibattimentale elementi probatori a sostegno dell’ipotesi accusatoria tali da supportare sufficientemente il giudizio di colpevolezza”. Secondo il legale mancherebbe anche un’adeguata motivazione sul percorso logico che ha portato alla condanna. Parrino ha fatto appello al “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

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