Un barchino lungo meno di 12 metri con 55 migranti ammassati a bordo (quattro volte più del normale) e in “condizioni critiche di sicurezza”. Questo era lo stato della barca soccorsa dalla nave Open Arms, che l’1 agosto 2019 raccolse in mare 147 persone.
Lo hanno descritto, prima con una lunga relazione e ora con la deposizione in aula nel processo a carico di Matteo Salvini, due consulenti tecnici della procura: Renato Magazzù e Dario Megna. A loro giudizio, quella barca in “navigazione in alto mare”, priva di ogni standard di sicurezza ed esposta al rischio dello spostamento del carico umano, presentava condizioni di grande precarietà di galleggiamento. La mera galleggiabilità del ‘barchino’, rilevato dal sommergibile “Venuti” che osservò ogni operazione ma non intervenne, non basta a escludere la sussistenza di pericoli.
Il responso del consulente tecnico
Sulla stessa linea si è mosso il consulente tecnico delle parti civili, Vittorio Alessandro, ammiraglio in congedo della Guardia costiera, che ha avuto lo stesso incarico nel processo per il naufragio del 2013 con 368 morti a Lampedusa. Nelle condizioni del ‘barchino’ dei migranti soccorsi da Open Arms si poteva intravedere, a suo giudizio, un “pericolo non solo ipotetico”.
Come comandante di vari porti italiani, Alessandro ha detto che in nessun caso avrebbe autorizzato una imbarcazione a salpare per un viaggio così rischioso. Era quindi necessario, ha concluso, un “soccorso urgente”. Lo avrebbero richiesto anche le norme internazionali, richiamate da un altro consulente delle parti civili, Alessandro Carmeni, ex ufficiale della Marina militare.
Ufficiale Marina, “non c’era pericolo”
“Dalle informazioni ricevute non emergeva alcun segnale di pericolo”. Lo ha detto più volte il capitano di vascello Andrea Pellegrino, ufficiale della Marina militare, sentito come teste al processo.
Pellegrino ha spiegato così la ragione per cui nell’agosto 2019 il sottomarino Venuti osservò e registrò le operazioni di salvataggio di un gruppo di migranti da parte della nave ong spagnola ma non intervenne. Sull’operazione l’ufficiale aveva presentato a suo tempo una relazione sulla quale è stato chiamato ora a dare chiarimenti.
Il punto centrale della sua deposizione ha riguardato l’eventuale condizione di pericolo del ‘barchino’ dei migranti che avrebbe richiesto un intervento di salvataggio. Pellegrino ha sostenuto che questa esigenza non è stata avvertita perché l’imbarcazione aveva un assetto normale e una apparente buona navigabilità. Un passaggio della relazione di Pellegrino ha poi provocato un serrato confronto tra la difesa e le parti civili. L’ufficiale ha descritto i movimenti della Open Arms che all’improvviso avrebbe cambiato rotta. E questo ha alimentato l’ipotesi, solo l’ipotesi, che la nave potesse recarsi a un appuntamento con gli scafisti. Ma è un aspetto del caso sul quale, ha detto, non si hanno certezze.
Comandante sommergibile Venuti “Osservammo senza intervenire”
Per quasi 17 ore il sommergibile “Venuti” della Marina militare ha avvistato e tenuto sotto osservazione senza intervenire la nave ong Open Arms che l’1 agosto 2019 salvò nel Mediterraneo 147 migranti e attese 15 giorni prima di attraccare a Lampedusa. Lo ha detto il comandante del sommergibile, il capitano di corvetta Stefano Oliva, che ha deposto nel processo a carico di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, oggi presente in aula, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.
Esposto nei confronti dell’intero equipaggio del sommergibile
Il “Venuti” in servizio di pattugliamento non intervenne ma riprese con il periscopio e il sonar una delle operazioni di soccorso e di trasbordo da parte dell’Open Arms. A causa del mancato intervento del sommergibile è stato presentato ora un esposto alla Procura di Roma e alla Procura militare per omissione di atti d’ufficio (ne ha dato notizia il legale di Open Arms, Arturo Salerni) nei confronti dell’intero equipaggio del “Venuti”: 35 militari. Nella zona era stata avvistata anche una motovedetta libica che si avvicinò alla barca dei migranti senza intervenire.
Relazione inoltrata “agli organi competenti”
Su domanda del pm Gery Ferrara, il capitano Oliva ha detto che la sua relazione è stata inoltrata alla centrale operativa dei sommergibili e agli “altri organi competenti” tra cui la magistratura. Ma non sa quali soggetti della linea gerarchica siano stati informati. La pubblica accusa e le parti civili cercavano di capire se nella linea gerarchica ci fosse anche il ministro Salvini.
Un video mostra la barca dei migranti con uno squarcio nella prua
Le parti civili hanno poi fatto proiettare in aula un video di una tv spagnola che riprende la barca dei migranti con uno squarcio nella prua, circostanza che avrebbe indicato una condizione di pericolo. Ma il comandante Oliva ha riferito di non avere visto lo squarcio né di averlo registrato. Dall’esame delle immagini non è in grado di capire se lo squarcio costituisse un pericolo.
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