Dopo un’udienza-fiume di oltre dieci ore che ha evitato la scadenza dei termini di custodia cautelare e la scarcerazione dei componenti di una banda di nigeriani accusata, per la prima volta a Palermo, di associazione mafiosa, il gip ieri notte ha rinviato a giudizio 5 dei 19 imputati. Quattordici hanno scelto l’abbreviato.
Il processo comincerà il 9 gennaio. Oltre al reato di associazione mafiosa, mai contestato a una organizzazione straniera prima d’ora, rispondono a vario titolo di lesioni e violenza sessuale. Tra i rinviati a giudizio c’è il presunto capo della banda, Festus Erhonmosele.
Il procedimento nasce da un’operazione della Polizia, coordinata dalla Dda di Palermo, a carico di una organizzazione mafiosa transnazionale, con base in Nigeria, denominata “Black Axe”. Gli investigatori della squadra mobile scoprirono un clan che aveva la gestione e il controllo di una serie di attività economiche illecite: dalla riscossione di crediti allo sfruttamento della prostituzione e al traffico di stupefacenti.
La banda, che aveva il quartier generale nello storico rione di Ballarò e cellule anche in altra città italiane, era organizzata secondo una struttura verticistica basata su rigide regole fatte di “battesimi”, riti di affiliazione dei membri e precisi ruoli all’interno del sodalizio simili a quelli di Cosa nostra. Tra gli arrestati c’erano anche il capo del clan Festus Pedro Erhonmosele e il suo vice Osahon Kennet Aghaku, nigeriano, di 22 anni che si occupava personalmente di punire chi disubbidiva. A svelare i meccanismi dell’associazione criminale, dopo il blitz, fu uno degli arrestati che ha scelto di collaborare con gli inquirenti. Nel corso dell’udienza in cui diversi imputati hanno anche chiesto l’interrogatorio, ci sono stati momenti di tensione tra i legali e il giudice. I legali hanno lamentato l’irritualità dell’udienza in cui, hanno sostenuto, i tempi avrebbero limitato i diritti di difesa.