Ciak, si gira. Inizia la nuova legislatura dell’assemblea regionale siciliana. Oggi alle 10 il via alla seduta inaugurale che sarà precediuta dalla camminata dei 5 stelle a piedi dai 4 canti fino all’Ars a simboleggiare l’approdo dei cittadini in Parlamento, come fatto anche 5 anni fa.
Poi si comincia con le schermaglie. A Presiedere la prima seduta sarà il deputato anziano Giorgio Assenza fino all’elezione e presidente ma non c’è accordo si Gianfranco Miccichè. A prima votazione seervono i due terzi del Parlamento ovvero 47 voti. Una elezione quasi impossibile. Servirebbe il voto compatto della maggioranza (36) e quello compatto dell’intero Pd (11). Ma così non sarà. Non c’è accordo, infatti, con il Pd e men che meno con i 5 stelle e sembra che alla prima seduta mancherà almeno un deputato della maggioranza, Pippo gennuso, che ha annunciato la propria possibile assenza per gravi motivi di famiglia. Nella maggioranza, poi, si attendono almeno 4 o 5 franchi tiratori.
Alla ricerca di un accoro che non arriva la maggioranza non ha fatto altro che ribadire che regolamento d’aula e cortesia istituzionale vadano rispettati pur rivendicando, oltre la Presidenza, anche la vice presidenza vicaria. Di fatto ciò significa che la maggioranza, nell’ufficio di Presidenza che sarà di nove membri fisso da questa legislatura (senza le integrazioni che lo portavano in passato a 11 o 12 membri), avrà il presidente e il vice presidente vicario, un deputato questore e un deputato segretario, i 5 stelle la seconda vice presidenza, un deputato questore e un deputato segretario e il Pd un deputato questore ed un deputato segretario.
Si può sperare, dunque, nella seconda votazione quando i voti necessari scenderanno a 36 ma anche lì serve il ‘soccorso rosso’ o la maggioranza non riuscirà ad eleggere Miccichè. In questo clima per la maggioranza trattare con il Pd non è semplice ma a Miccichè i voti dei suoi non bastano. In realtà la maggioranza ha 36 voti ma il deputato della Lega Tony Rizzotto non è noto come voterà ed è probabile che non porti il proprio consenso a Miccichè. C’è poi l’assenza annunciata ma anche dentro la maggioranza e la stessa Forza Italia i delusi dalla formazione della giunta non sono pochi e si valuta che di conseguenza i franchi tiratori possano essere fra 4 e 5.
Allora tanti sono i voti da reperire. In questa situazione i 5 stelle, che puntano su Giancarlo Cancelleri vice presidente, non sono avvicinabili visto che, a conti fatti, i loro 20 deputati su 70 valgono già praticamente in automatico un vice presidente, un questore e un segretario. Per ottenere qualcosa da loro bisogna offrirgli altro e non c’è nulla che la maggioranza possa offrire viste già le ristrettezze dal punto di vista delle poltrone. Il gioco pentastellato è, quindi, cercare di portare la votazione al terzo turno ed ottenere un rinvio della seduta. A quel punto la situazione si complicherà. Tenere i deputati in aula anche sabato non sarà semplice e un eventuale rinvio a lunedì potrebbe far crescere i malumori interni alla maggioranza.
E il Pd? Anche lì occorre dare qualcosa al secondo partito dell’opposizione o almeno ai renziani se si vuole ottenerne i voti. Proprio i renziani sono, infatti, sette: tanti quanti ne servono a Miccichè.
E qui nasce l’idea di iniziare a parlare delle presidenze delle Commissioni che fino ad ora non sono stati argomento di trattativa. Ma parlando di commissioni ci sono altri problemi sul tavolo. Chi ha fatto la riforma portando da 90 a 70 i deputati ha anche portato le commissioni da 15 a 13 membri ciascuna ma ha fatto male i conti. Prima ogni deputato aveva un posto in una commissione, adesso i deputati sono 70 e i posti 78. E dividere 8 per 70 porta sempre ad un resto.
Se, come è probabile, neanche la seconda votazione permetterà l’elezione la seduta dovrà fermarsi ed essere rinviata probabilmente a domani anche se ci sarà chi proverà un rinvio lungo fino a lunedì. Solo dopo aver scelto il presidente, infatti si potrà procedere all’elezione dell’ufficio di presidenza ovvero due vice (di cui uno vicario) tre questori e tre segretri). Nel mezzo c’è perfino la possibilità che 5 stelle o Pd decidano, di uscire dall’aula. I 5 stelle a prima votazione in modo da fare saltare tutto. il Pd a seconda votazione per mettere in difficoltà eventuali ‘traditori’ che dovranno mostrarsi restando per votare o accordarsi alle decisone del partito. Poi il possibile rinvio che farebbe ulterormente crescere i malumori e i dissapori soprattutto nella maggioranza.