Sono 738 uomini, dieci donne e cinque internati in Casa di lavoro i detenuti sottoposti al 41 bis, il regime del carcere duro. E in base ai dati aggiornati al gennaio 2019, “soltanto 363 di essi – e delle dieci donne, solo quattro – hanno una posizione giuridica definitiva”. A segnalarlo è il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale che ha visitato tutte le sezioni per detenuti al 41 bis. Ci sono inoltre, diciotto persone ricoverate nei reparti ospedalieri interni agli Istituti (a Parma e a Milano-Opera).
A fronte di questi numeri, le condizioni materiali in alcune sezioni per detenuti sottoposti al regime del 41 bis, il cosiddetto carcere duro, “risultano inaccettabili” scrive il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale che ha visitato tutte le sezioni in cui si applica questo regime. Le “principali criticità” riscontrate riguardano “le situazioni soggettive relative alle reiterate proroghe del regime” e all’inserimento di alcuni detenuti “in aree riservate” che finiscono per costituire “un regime nel regime”.
In alcuni Istituti “l’adozione di regole interne eccessivamente dettagliate su aspetti quotidiani vanno anche oltre le già minuziose prescrizioni della Circolare del 2 ottobre 2017”, sottolinea il garante, ricordando di aver già espresso a suo tempo alcune riserve. L’esame dell’attuazione del regime speciale si è sviluppato nel solco tracciato da diversi pronunciamenti della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti umani, che “individuano la piena necessità di misure volte a proibire ogni forma di comunicazione con le organizzazioni criminali di appartenenza e al contempo a vietare ogni altra misura che possa configurarsi come inutile aggiuntiva afflizione”.
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