Si cerca giustizia anche oggi, 27 dicembre, in occasione dell’ultimo saluto a Maria Ruggia. All’età di 76 anni la donna (cardiopatica, portatrice di pacemaker e diabetica) è rimasta per 8 giorni su una barella dell’ospedale Ingrassia di Palermo. La sua figura oggi viene celebrata tra una quarantina di persone che piangono la sua scomparsa presso la chiesa evangelica Cristo Risorto in via Carlo del Prete. “C’è consolazione per chi ha fede in Dio perché c’è la certezza che Maria sia tra le braccia di Dio”, ha detto Padre Giuseppe Zarcone.

L’omelia

“Maria Ruggia oggi è con Gesù, la destinazione paradiso si trova nel cielo e niente può superare questo posto meraviglioso. La morte produce inevitabilmente un dolore e una separazione. Oggi noi siamo qui riuniti per l’ultimo saluto a Maria che entra presso il viaggio dell’eternità, si aprono le porte del paradiso, Maria è stata una donna forte nella sue debolezze, ho parlato con Romina, una donna intelligente una mamma generosa capace di affrontare tanti giganti nella sua vita. Una donna che aveva nel cuore la fede in Dio. Maria ha fatto tutto ciò che poteva, è stata anche una persona determinata, lei ha amato suo marito Nino, lei è stata disposta a lasciare la sua città d’origine per seguire il suo amore. Ha cercato fino all’ultimo di essere una moglie e una mamma accanto ai propri figli. Ricordo che era  una persona solare, amava il sole, il mare, amava stare con i parenti e in compagnia. È stata una persona semplice ed onesta valori che oggi rappresentano una grande rarità. Oggi lascia le sue perle preziose, Romina e Rossella gioia e scopo della sua vita”, ha detto un’amica intervenuta alla cerimonia.

“Pretendo giustizia per mia mamma”

“Non abbiamo avuto il tempo di metabolizzare e di capire nulla – ha detto una delle figlie, Romina Gelardi – tutti i sacrifici che noi faremo, impegnandoci per diffondere questa brutta notizia, spero possano aiutare a fare giustizia: lo dico anche in questo momento di dolore. Verso la mamma posso soltanto dire che continuo a scusarmi per quello che è successo, perché non è stata colpa sua, forse neanche mia. Non so cosa accadrà, però penso che mia madre da lassù capisca la situazione. Se qualcun altro si è scusato in questi giorni? Assolutamente no e spero che si scusino con Dio, non con me. Noi vogliamo giustizia anche per la gente che è ancora qui”.

Morta dopo 8 giorni in barella

Abbandonata in una barella ai margini di un ospedale fino alla morte. Definiscono così la tragedia i familiari la tragica morte di una donna avvenuta all’ospedale Ingrassia di Palermo. Un caso che  viene già additato dalla pubblico opinione come di “evidente malasanità” anche se ancora tutto risulta da accertare.

Una morte che finisce in Procura

Proprio per accertare cosa sia successo finisce, adesso, in Procura il caso di una donna di 76 anni originaria di Menfi, nell’Agrigentino, morta all’ospedale Ingrassia di Palermo dopo essere stata tenuta su una barella del pronto soccorso per 8 giorni. “Hanno lasciato mia madre su una barella dal 10 dicembre al 18 dicembre. Solo il 19 è stata trasferita a Medicina generale, quando stava già malissimo. Ma ormai era troppo tardi. Il 20 dicembre è morta. Potrebbe avere contratto un’infezione in ospedale”, racconta la figlia, Romina Gelardi, che ha presentato una denuncia per il decesso della paziente, Maria Ruggia. Assistita dall’avvocato Andrea Dell’Aira ha chiesto alla Procura di Palermo di accertare se ci si trovi davanti a un caso di malasanità. É intervenuta la polizia che ha sequestrato le cartelle cliniche e la salma che sarà portata all’istituto di medicina legale del Policlinico per l’autopsia.

Il racconto

“Nel corso del ricovero non sono state considerate le condizioni cliniche di mia madre, cardiopatica, con cardiopatia ischemica, carcinoma mammario e diabete mellito di tipo II – aggiunge la figlia – E’ stata ricoverata con sintomi di protratta inappetenza e nausea persistente. E’ stata tenuta al pronto soccorso senza somministrarle adeguata terapia antibiotica preventiva dovuta dal momento che si trattava di paziente fragile, esponendola a un ambiente sanitario non idoneo”.

La denuncia

Secondo la donna i medici non avrebbero visto “i più che evidenti segni di sepsi, tra cui la protratta assenza di stimolo ad urinare”. “Non ci è stato consentito di assistere nostra madre. Ogni giorno telefonavamo e ci dicevano che attendevano che si liberasse un posto in reparto. Poi quando il posto è stato disponibile, una dottoressa – prosegue Romina Gelardi – ci ha detto che le sue condizioni erano molto gravi. Ventiquattrore dopo è arrivata la telefonata che era morta. Noi vogliamo giustizia. È bene che chi ha parenti ricoverati in ospedale sappia cosa succede. Per questo abbiamo presentato la denuncia”.

L’inchiesta interna

“La direzione aziendale dell’Asp di Palermo ha avviato un’indagine interna al fine di verificare eventuali profili di responsabilità sulla gestione dell’assistenza e del ricovero della donna di 76 anni arrivata all’ospedale Ingrassia in gravi condizioni di salute e con un complesso quadro clinico”, ha reso noto l’Azienda sanitaria provinciale del capoluogo siciliano in una nota. L’Asp verificherà “anche il rispetto delle procedure e dei protocolli al Pronto soccorso dell’Ingrassia che ha fatto registrare nei giorni scorsi uno straordinario afflusso di pazienti”. “L’Azienda assicura il massimo rigore nell’indagine che riguarda l’intero sistema dell’emergenza-urgenza. Le dichiarazione della figlia sullo stato di abbandono – conclude la nota -saranno, immediatamente, verificate analizzando e valutando proprio ciò che risulta nella cartella clinica”.