Ha diritto alla “Carta Docente”, un bonus da 500 euro da spendere in cultura, nonostante non sia un insegnante di ruolo. Questa, in estrema sintesi, la sentenza emessa dal giudice del Lavoro di Palermo Giuseppe Tango che riconosce ad Ignazio Li Vigni professore di biologia, chimica e matematica palermitano, difeso dall’avvocato Vito Provenzano del Foro di Palermo, tale diritto a seguito di un ricorso contro il ministero dell’Istruzione e del Merito.
La sentenza ha riconosciuto al professore precario da 18 anni, il beneficio economico di 500 euro dal 2015 al 2023 per un totale di 4.000 euro e, al contempo, condannato il ministero al pagamento delle spese di lite, che (1.236 euro) oltre rimborso spese generali 15%, CPA e IVA.
Il giudice scrive “Il rapporto di lavoro dei docenti a tempo determinato, così come già affermato dalla Suprema Corte in relazione ad esempio al loro diritto alla ricostruzione della carriera o alla retribuzione di anzianità, è comparabile con quello dei colleghi assunti a tempo indeterminato, atteso che essi esplicano le medesime mansioni, in modo pieno, nonostante la limitazione temporale del loro servizio, ché costituisce proprio il fattore in virtù del quale essi non possono essere discriminati a sensi della normativa eurounitaria. L’importo nominale pari a € 500,00 annui viene attribuito, altresì, durante il periodo di prova, nonché ai docenti dichiarati inidonei all’insegnamento e a quelli in posizione di comando, distacco, fuori ruolo, o comunque utilizzati in compiti diversi dall’insegnamento. L’auspicato incremento delle competenze e della professionalità non presuppone quindi un diretto ed immediato vantaggio in favore degli allievi, poiché tale sostegno alla formazione viene erogato anche ai docenti che potrebbero non essere confermati in ruolo al termine del periodo di prova, e ai dipendenti che non esercitano più la funzione docente, in via temporanea o definitiva”.
Per il giudice del Lavoro “La limitazione temporale del servizio o il fatto che non sia noto se esso verrà espletato anche nelle successive annualità, quindi, non costituiscono fattore di legittima differenziazione tra i docenti a termine e quelli a tempo indeterminato, neppure con riferimento all’obbligo di formazione, cui l’Amministrazione sopperisce per i docenti a tempo indeterminato con la Carta docenti”.
Inoltre “Non sussistono quindi ragioni oggettive strettamente attinenti al contenuto o alle modalità di svolgimento della prestazione che portino a ritenere, neppure sotto questo profilo, non comparabile il rapporto di lavoro dei docenti a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato”.
E poi: “La normativa nazionale deve pertanto essere disapplicata e deve essere dichiarato il diritto delle parti ricorrenti ad usufruire del beneficio economico di euro 500,00 annui, attraverso l’emissione di buoni elettronici di spesa, con le modalità previste dal DPCM del 28 novembre 2016, per ogni annualità di prestazione del servizio a tempo determinato”.
Il professore Ignazio Li Vigni racconta la sua storia a BlogSicilia.it. “Sono docente precario da 18 anni – sottolinea – e come la stessa sentenza riconosce ho gli stessi diritti dei docenti di ruolo. Dispiace, però, che per ottenere un proprio diritto si debba ricorrere per le vie legali”.
E prosegue: “Insegnante di ruolo o precario non cambia nulla. Di fatto ogni anno ho un contratto dall’1 settembre al 31 agosto. Non ho un giorno di disoccupazione perché reintegro il contratto. In Italia la legge è chiara: dopo 3 anni di precariato pubblico il lavoratore avrebbe diritto ad essere assunto. I governi che si succedono ribadiscono questo concetto e che lavoreranno per far applicare la legge. Ma non accade. Lo Stato pretende dal cittadino il comportamento impeccabile ma poi lo Stato non è perfetto nonostante ci siano più sentenze della corte europea che riconoscano il bonus”.
Nessuna differenza, sì, ma il fatto di non essere di ruolo (ed avere il tanto agognato posto fisso, ndr) crea comunque qualche svantaggio. “Non vengono riconosciute alcune cose importanti – spiega il docente – non posso, ad esempio, fare un mutuo per comprarmi la casa: le banche non accettano le mie domande perché non sono di ruolo. E la stessa Inps rifiuta il piccolo prestito perché la durata del contratto non supera il minimo in termini temporali per accedervi. Lo rifiuta a tutti i precari”.
Infine, il professore sottolinea: “Continuo a sperare nella giustizia e quindi aspetto che lo Stato italiano mi integri come docente di ruolo a tempo indeterminato: tutte le sentenze ed i dispositivi europei – nonché la stessa legge italiana – dicono questo, ovvero che dopo tre anni di insegnamento su ‘cattedra vacante’ (quella cattedra non ha insegnante da sostituire, ndr) il docente debba essere stabilizzato. Aspetto quindi fiducioso che un prossimo governo o quello attuale decida di stabilizzare i precari. Altrimenti sarò costretto a fare l’ennesima causa per essere assunto a tempo indeterminato”.
Quello del professor Li Vigni non certamente l’unico contenzioso in tema. E sul portale del ministero c’è anche un messaggio che recita quanto segue: “Per eventuali richieste di riconoscimento del bonus Carta del Docente è necessario trasmettere copia della sentenza al Ministero dell’Itstruzione e del Merito (MIM) all’indirizzo di posta certificata dgpersonalescuola@postacert.istruzione.it. La richiesta dovrà riportare il codice fiscale del docente ricorrente e le annualità per le quali è stato riconosciuto il contributo. Il ministero una volta esaminata la richiesta, inoltrerà a Sogei che provvederà ad accreditare sul borsellino elettronico le annualità dovute al docente”.
Il sindacato Anief, ovvero l’Associazione nazionale insegnanti e formatori, per voce del suo presidente Marcello Pacifico è soddisfatto per l’iniziativa del ministero: “Finalmente il Mim fornisce istruzioni operative su come richiedere il pagamento e l’utilizzo della Carta del Docente. Ricordiamo che sono oltre 15mila le adesioni dei precari al ricorso prodotto da Anief per ottenere la carta per l’aggiornamento professionale dei docenti negata negli ultimi cinque anni e in tanti hanno già ottenuto il sì del Tribunale del lavoro. E saranno sempre di più a fare ricorso, con altissime possibilità di vincerlo. Troppo netta, del resto, è stata la posizione espressa sulla Carta del docente dalla Corte di Giustizia europea, un anno fa con l’Ordinanza 450/22, e anche dal Consiglio di Stato, che con la sentenza 1842 del 16 marzo 2022 ha spiegato perché è discriminante non assegnare i 500 euro annui agli insegnanti precari. Pochi giorni fa anche il Consiglio dei ministri si è dichiarato d’accordo con questa tesi”.