Mobilitazione dei lavoratori siciliani di Poste Italiane. Questa mattina, una delegazione di dipendenti guidata dalle rappresentanze sindacali ha protestato nei pressi della sede della Prefettura di via Cavour, a Palermo. I manifestanti hanno prima appeso degli striscioni a piazza XIII Vittime. Poi, una delegazione è stata ricevuta negli uffici dal prefetto Massimo Mariani. I sindacalisti hanno consegnato un documento programmatico affinchè si possa avere un’interlocuzione con il Governo Nazionale sul tema della privatizzazione del 30% delle quote azionarie al momento in mano al duo composto da Cassa Depositi e Prestiti e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (abbreviato MEF).

Il “no” dei sindacati alla privatizzazione

La paura dei lavoratori è che un’eventuale privatizzazione di queste quote, al momento nell’agenda politica del Governo Meloni, possa portare a conseguenze non solo sui lavoratori dell’indotto ma anche sulla qualità dei servizi resi alla cittadinanza. “La vertenza nasce dalla notizia che il Governo Nazionale vuole mettere in vendita il 30% delle quote azionarie attualmente di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti e Mef, che detengono il 66% di Poste Italiane – sottolinea Giuseppe Arancio, segretario regionale dell’UGL Comunicazione -. Per questo abbiamo voluto fare una serie di assemblee dei lavoratori. Oggi abbiamo deciso di protestare in Prefettura per manifestare e per portare un documento al Prefettura affinchè interagisca con il Governo Nazionale per il mantenimento della maggioranza azionaria”.

A rischio migliaia di posti di lavoro in Poste Italiane

Secondo Arancio infatti, “si rischia di perdere 20.000 posti di lavoro in tutta Italia“. In Sicilia, ci sono circa 9000 dipendenti. Di questi, una buona fetta lavora in comuni al di sotto dei 15.000 abitanti. Fatto che porrebbe compromettere, a giudizio dei sindacati, anche la riuscita del progetto Polis, il quale dovrebbe garantire l’accesso ai servizi a circa 1,6 di persone nell’Isola. “Ci sono molti comuni sotto i 15.000 abitanti – sottolinea l’esponente dell’UGL -. C’è il rischio che chiudano diversi uffici postali, con conseguenze pesanti per il mondo della terza età e per i comuni più piccoli, con relative chiusure di punti postali ed ATM. Ciò chiaramente avrebbe delle refluenze sull’accesso ai servizi di Poste Italiane, come ad esempio i prelievi o la riscossione della pensione”.