L’ultimo episodio riguarda l’aggressione agli operatori del 118. Infermieri e soccorritori arrivati per aiutare e finiti al centro di vere e proprie aggressioni quando hanno dovuto comunicare notizie infauste oppure per essere arrivati con presunti ritardi dovuti spesso al traffico o semplicemente ad una percezione del tempo che sembra infinita quando si aspettano soccorsi.

Ma la cronaca è piena di aggressioni a medici e infermieri nei pronto Soccorso, nei reparti ospedalieri, nelle guardie mediche. E le gravi carenze di organico e di strumenti che la sanità siciliana denuncia sempre più spesso non possono essere una giustificazione anche se l’esasperazione troppe volte lo diventa di fatto.

In questo clima sembra essere partita una sorta di caccia alle streghe, anzi all’operatore sanitario che è già vittima del sistema che non funziona e diventa sempre più spesso vittima dei pazienti o dei familiari tanto più che anche gli aggressori identificati finiscono per non pagarne le conseguenze.

Impunità per tutti

A raccontare di questa impunità di fatto sono gli Ordini dei medici della Sicilia che intervengono con amarezza sulla gestione giudiziaria delle recenti aggressioni contro medici e sanitari, denunciando una preoccupante indulgenza nel trattamento di episodi sempre più gravi e sempre più ricorrenti.

I nove presidenti degli Omceo provinciali tornano a lanciare un appello alle istituzioni affinché si garantisca una reale tutela per chi lavora nella sanità. “Comprendiamo – dicono – la complessità delle valutazioni giudiziarie, ma riteniamo necessario richiamare l’attenzione sulla ricaduta che certe scelte hanno sui professionisti, in termini di sicurezza, di serenità e senso di solitudine”.

L’appello degli ordini dei medici

L’appello nasce dalla crescente preoccupazione per gli episodi più recenti che, secondo i medici siciliani, rischiano di trasmettere l’idea che la violenza contro chi lavora in corsia sia, di fatto, un’azione priva di conseguenze adeguate.

I casi di impunità (o quasi)

Il riferimento è innanzitutto al caso avvenuto il 14 aprile scorso al pronto soccorso di Vittoria, nel Ragusano, dove una donna di 25 anni ha aggredito un’infermiera e un carabiniere intervenuto per calmarla. L’arresto è stato convalidato, ma la giovane è stata rimessa in libertà poche ore dopo, con il solo obbligo di firma quotidiana, probabilmente solo perché ha chiesto scusa.

Ancora più amaro l’epilogo della vicenda di Enna, dove il 17 marzo un medico è stato colpito mentre era in servizio. Nonostante le testimonianze e le evidenze cliniche, la Procura ha chiesto l’archiviazione del caso. Una decisione che ha suscitato forti perplessità da parte dell’Ordine provinciale, che ha espresso formalmente la sua opposizione.

Sconcerto da parte dei nove presidenti anche per l’ultima aggressione fisica e verbale avvenuta a Brancaccio, dove i sanitari del 118 sono stati colpiti con calci e pugni senza alcuna ragione durante un intervento d’urgenza. Solo pochi giorni prima, il 4 aprile, un altro episodio di violenza si era verificato in via Perpignano, dove l’autista di un’ambulanza è stato picchiato dal paziente che aveva appena soccorso, rendendo necessario l’intervento di un secondo mezzo. “Atti di follia”, li ha definiti Fabio Genco, direttore della centrale operativa del 118 per la Sicilia occidentale e consigliere dell’Ordine dei medici di Palermo.

Così la legge rischia di perdere efficacia

“La legge 56 del 2023, nata per rafforzare la protezione degli operatori sanitari – concludono i presidenti degli Ordini – rischia di perdere efficacia se non viene applicata con coerenza. Non si tratta solo di garantire chi lavora negli ospedali, ma di difendere il diritto di tutti a un sistema sanitario sicuro e rispettato”.