Il maltempo non ferma la protesta. Si sono concentrati davanti palazzo d’Orleans sede della Presidenza della regione siciliana. Sono gli operai edili della Sicilia che protestano contro lo stop agli investimenti pubblici, la lentezza della burocrazia, l’immobilismo del governo regionale nel contrastare l’allarme sociale derivante da novantamila licenziamenti e la chiusura di 6mila aziende.
Hanno portato in piazza pale, picconi, caldarelle e calce inscenando un cantiere di protesta. Gli operai edili sono i più colpiti dalla crisi con un elevato numero di suicidi per disperazione. Chiedono attenzione e interventi concreti, sburocratizzazione, azioni per rilanciare il settore edile puntando anche al recupero dei fabbricati esistente, all’edilizia verde, alle opere pubbliche ferme.
“Dal 2008 a oggi sono andati persi 90 mila posti di lavoro, 6 mila imprese hanno chiuso i battenti e il 36% dei lavoratori, ovvero 31mila, risulta essere in nero”, hanno denunciato Francesco De Martino e Salvatore Pasqualetto, segretari di Feneal Uil Sicilia e Uil Sicilia, Santino Barbera e Mimmo Milazzo segretari di Filca Cisl Sicilia e Cisl Sicilia, Franco Tarantino e e segretari di Fillea Cgil Sicilia, annunciando la manifestazione. Dati alla mano sono 400 i milioni di evasione annui derivati dal lavoro nero, mentre mancano 300 ispettori in pianta organica e sono diminuite le risorse per la convenzione con il nucleo ispettivo dei carabinieri, fondamentali per effettuare i controlli nei cantieri. I sindacati sottolineano la scarsa capacità competitiva del sistema delle imprese che per la maggior parte sono costituite da pochissimi addetti: 15.924 imprese contano un solo lavoratore e solo 65 superano i 50. A peggiorare il quadro è l’incidenza di mafia e corruzione come dimostrano il caso Tecnis, Ricciardello e Sics che hanno messo in luce un sistema di corruttela e compromissione tale da condizionare la crescita e la ripresa del settore.
“Chiediamo da tempo – proseguono i sindacalisti – che venga incentivata la white list dei lavori pubblici, prevedendo che partecipino ai bandi di gara solo le imprese iscritte. Altra misura necessaria è l’impiego degli operai che denunciano il lavoro nero negli appalti pubblici. E non mancano i dati economici relativi al settore: disponibili 8 miliardi per l’edilizia, molti destinati a opere con progetti esecutivi ma di cui ancora non sono partiti i cantieri. Un esempio è l’accordo di programma quadro, Regione e Anas, ancora non firmato, che riguarda la Licodia- Eubea, la Nord- Sud, l’Adrano-Bronte, e altri programmi fra cui la Birgi-Mazara per un importo complessivo di 550 milioni di euro. “I fondi ci sono – ribadiscono le organizzazioni sindacali – ma non vengono spesi e restano chiusi nei cassetti. Ulteriori risorse arriveranno dai Patti per Palermo, Catania, Messina e quello per la Sicilia, ma ad oggi su questo non c’è stato alcun confronto con le parti sociali. Ciò rischia di produrre cattedrali nel deserto o addirittura di non far partire i lavori, dato che alcune delle opere inserite non sono cantierabili e quindi c’è il concreto pericolo che non possano essere completate entro il 2020, come imposto dalle intese”.
Il sistema infrastrutturale, come evidenziato dai sindacati, è al collasso e allontana gli investimenti in una Sicilia sempre più isolata e tagliata fuori dai mercati internazionali. “Il trasporto ferroviario è lo stesso dai tempi dei Borboni e non è del tutto chiara la pianificazione per il riammodernamento. E’ in dubbio, per esempio, il raddoppio della linea Palermo-Catania”, aggiungono i sindacalisti che rilanciano l’esigenza di investire anche sulla portualità. “Per i lavori edili nel settore dei porti – continuano – sono previsti 229 milioni di euro e per alcune di queste opere sono già note difficoltà di carattere burocratico. Non vorremmo che si ripetesse quanto accaduto con l’Interporto di Termini Imerese, che, a causa di ritardi nella realizzazione, ha subito una prima cancellazione dei fondi”. Cgil, Cisl e Uil siciliane insieme ai sindacati di categoria, Fillea, Filca e Feneal, nel corso della manifestazione del 24 giugno a Palermo, chiederanno al presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, di essere ricevuti.
“Il 7 maggio – affermano le organizzazioni sindacali – oltre 12 mila persone sono scese in piazza per dare una scossa all’esecutivo regionale, che deve smetterla di parlare per slogan ma deve passare ai fatti. Il governatore non ha raccolto il grido di allarme dei lavoratori e noi continuiamo a far sentire la nostra voce, partendo da uno dei settori, quello dell’edilizia, che è fra i più danneggiati dalla crisi. Far ripartire il comparto è uno dei presupposti per rilanciare l’economia nell’Isola: per ogni lavoratore diretto nell’edilizia si creano cinque posti nell’indotto. Occorre un’efficace programmazione delle opere pubbliche anche con l’istituzione di una task force per la progettazione, l’avvio di un serio confronto con le forze sociali e che il governo regionale si impegni a creare occasioni di lavoro vero, produttivo e duraturo, senza il quale anche solo ipotizzare lo sviluppo della Sicilia diventa impossibile”.
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