Mancano solo due tasselli, ancora da cesellare tra le province di Palermo e Agrigento, ma per quanto cospicue e importanti siano queste ultime opere il cronoprogramma può dirsi compiuto, o quantomeno all’epilogo: dopo 70 riunioni operative convocate da inizio estate, dopo le ripetute strigliate ai Comuni, alle Ati (ambiti territoriali idrici) e agli altri soggetti attuatori per accelerare i cantieri, sta per calare il sipario sulla «fase A» del piano regionale per la crisi idrica, messo a punto dalla task force istituita dal governatore Schifani e timonata dal capo della Protezione civile siciliana Salvo Cocina.
Si tratta dei lavori emergenziali finanziati con la prima tranche dei fondi stanziati dal governo nazionale per lo stato di siccità severa che ha colpito l’Isola, pari a 20 milioni di euro, utilizzati in prevalenza per il revamping (riattivazione) o lo scavo di nuovi pozzi, che da metà giugno a fine ottobre , “dunque entro i tempi che avevamo previsto», spiega lo stesso Cocina al nostro giornale, «ha garantito mille litri di acqua in più al secondo nei territori ridando vita a centinaia di impianti guasti o sorgenti abbandonate e recuperando perdite che hanno mitigato la crisi in atto, evitando il peggio”.
All’appello mancano però due interventi, che rappresentano una buona fetta delle risorse in gioco. Il primo riguarda i Comuni di Sciara, Trabia, Santa Flavia e Casteldaccia, dunque la città metropolitana di Palermo, dove l’Amap ha cominciato ma non ultimato i lotti da tre milioni e un milione di euro per il potenziamento dell’approvvigionamento dalla falda di Trabia.
Ma dall’azienda municipalizzata fanno sapere che le due opere saranno completate entro 60 giorni. Quanto al secondo cantiere, si tratta della realizzazione del pozzo Monnafarina e della condotta di adduzione all’acquedotto Voltano, del valore di oltre 4,3 milioni di euro, sempre nel Palermitano, vicino a Castronuovo di Sicilia, ma stavolta sotto la gestione dell’Aica, il gestore idrico agrigentino. Anche in questo caso i lavori sono iniziati, ma sull’iter pesa adesso il ricorso al Tar presentato mercoledì scorso dal Comune di Santo Stefano di Quisquina, dove ricade la fonte del pozzo in questione e la cui falda, secondo l’amministrazione municipale, rischia di abbassarsi notevolmente una volta costruita e attivata l’opera della Regione.
Intanto, è iniziata la «fase B» del piano emergenziale, finanziata dalla seconda tranche di 20 milioni messi sul piatto da Roma e da circa 80 milioni inseriti nel bilancio regionale nelle ultime manovre e variazioni. Il tutto, per mettere in piedi 130 progetti fra altri pozzi e condutture, senza dimenticare gli oltre 200 interventi di riparazione e acquisto di autobotti per quasi 9 milioni di euro: un cronoprogramma avviato già al 30%, che una volta concluso, assicura Cocina, «garantirà altri 2.500 litri al secondo». Subito dopo (o in corso d’opera) dovrebbe iniziare anche la terza parte del piano anti-siccità, quella relativa ai tre dissalatori in disuso fra Gela, Porto Empedocle e Trapani, da rimettere in moto con 90 milioni di euro del Fondo di sviluppo e coesione e 10 milioni della Regione: il preludio ai lavori della quarta fase, quella a lungo termine, riguardante i progetti (vecchi e nuovi) di sistemazione, messa in sicurezza e drenaggio delle dighe siciliane, per una posta in palio di quasi un miliardo di euro da pescare tra fondi statali ed europei.
Una montagna sulla quale è già cominciato il monitoraggio della task regionale. Nel frattempo, in tema di invasi, sale l’allarme per l’Ancipa, la cui risorsa potrebbe esaurirsi prima della data di scadenza prevista dall’Autorità di bacino, ossia il 22 dicembre. Il 15 novembre, spiega Cocina, “fermeremo il prelievo per tutti i Comuni dell’Ennese che, grazie al piano della Regione, hanno trovato i pozzi rendendosi autonomi dal lago. L’approvvigionamento, invece, continuerà per i cinque municipi che non hanno trovato fonti alternative, cioè Troina, Nicosia, Sperlinga, Cerami, Gagliano, fino all’esaurimento. A quel punto, scatterà il servizio di autobotti”. Sullo stesso tema, c’è da registrare l’ennesima bacchettata del capogruppo di Italia Viva alla Camera Davide Faraone: “La diga di Ancipa sarà vuota a metà mese e altri otto laghi artificiali saranno a secco tra novembre e marzo. Per l’incapacità di chi ci governa…”.
Mercoledì 6 novembre alle ore 9 associazioni e cittadini delle province di Agrigento, Enna e Caltanissetta si ritroveranno a Palazzo d’Orleans per protestare contro la crisi idrica.
L’evento, che vedrà la partecipazione di diverse realtà, ha l’obiettivo di richiedere un incontro con il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani e chiarire quanto ancora deve essere fatto per contrastare la crisi idrica che sta colpendo la Sicilia.
“Ma la nostra voce sarà più forte e non potrà essere ignorata solo se saremo in tanti” è l’appello lanciato dal direttivo del comitato Senz’acqua Enna, una delle realtà organizzatrici della manifestazione.
Gli investimenti e gli interventi portati avanti dalle istituzioni, come è evidente, non sono neanche lontanamente sufficienti per porre un freno alla crisi idrica che sta privando i siciliani di un diritto fondamentale come l’accesso all’acqua.
Manifestare è l’unico modo possibile per costringere la classe politica a fare i conti con le proprie responsabilità, per ottenere un piano di investimenti strutturale per rimettere in sesto le infrastrutture idriche della nostra isola.