Bloccata un’organizzazione dedita alla pesca illegale, depredati fondali marini del Palermitano con il rischio di un disastro ambientale. Portati via dal loro habitat centinaia e centinaia di chili di ricci di mare e oloturie. Queste ultime sono particolarmente apprezzati dalla cucina orientale e vengono pagati a peso d’oro.
Le misure cautelari
La capitaneria di porto di Palermo e la stazione navale della guardia di finanza ha eseguito 5 misure cautelari. In tutti i casi si tratta di arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Contestualmente sequestrate in via diretta, e per equivalente, una somma di circa 57.900 euro quale quantificazione del presunto reato commesso. L’attività di pesca illegale sarebbe andata avanti per quasi due anni. Eseguite inoltre quattro perquisizioni che hanno consentito di rinvenire e sequestrare svariate attrezzatura da pesca. Tra queste mute e scooter acquatici, per un valore totale di circa 5 mila euro.
Una struttura organizzata
Gli indagati, tutti e 5 palermitani, accusati di essersi associati tra loro, avvalendosi di una stabile struttura organizzativa. Secondo le fiamme gialle il loro scopo era quello di commettere una serie indeterminata di reati, tutti connessi al massivo prelievo ed alla commercializzazione delle specie ittiche. In particolare venivano depredati i fondali di ricci di mare e oloturie. Quest’ultima, nei Paesi Asiatici, in particolare in Cina, è considerata una prelibatezza gastronomica di lusso. Può essere venduta tra 10 e 600 dollari al chilo, con punte di 3 mila dollari a seconda della specie. Con questi prelievi dai fondali, secondo l’accusa, di andava a danneggiare l’habitat marino e sottomarino.
Quando ha origine l’indagine
L’indagine eseguita dai militari della guardia finanza e della guardia costiera, coordinati dalla Procura della Repubblica di Palermo, ha origine nel mese di dicembre 2020. Si è sviluppata nel corso degli anni con una serie di attività che hanno permesso di accertare un vero e proprio traffico illegale. Si parla di enormi quantità: 140 mila ricci e 137 chili di oloturie. Oltre al danno collegato all’habitat marino si è profilato anche un rischio di estinzione per le specie catturate indiscriminatamente.
La consulenza tecnica
Gli inquirenti hanno accertato, grazie ad una consulenza tecnica di impatto ambientale, che questi prelievi dai fondali creavano una compromissione e deterioramento significativi di ricci e oloturie. Tutto ciò ha determinato “un significativo squilibrio dell’ecosistema marino associato e della biodiversità correlata ai fondali della Sicilia Sud Occidentale”. Questo perché gli indagati avrebbero causato una drastica e visibile eliminazione degli esemplari esistenti. Si è sfiorato il disastro ambientale.
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