Tornano in piazza i percettori del reddito di cittadinanza di Palermo. Toni Guarino, Davide Grasso e Giuseppe De Lisi, organizzatori delle precedenti proteste, hanno dato appuntamento per un nuovo sit-in convocato per mercoledì 11 gennaio alle ore 16.00 sotto la sede della presidenza della Regione posta in piazza Indipendenza. Intanto, un gruppo di quattro persone, tra cui lo stesso Giuseppe De Lisi, ha annunciato ulteriori possibili proteste. Fra queste, la volontà di iniziare lo sciopero della fame nei prossimi giorni.
Sciopero, quello convocato mercoledì 11 gennaio, nell’ambito del quale i manifestanti ribadiranno la necessità, dal loro punto di vista, di avere maggiori garanzie per il futuro, visto il deciso ridimensionamento del reddito di cittadinanza deciso dal Governo guidato da Giorgia Meloni. Protesta che segue idealmente alle altre due già viste fra le strade del capoluogo siciliano e che, almeno per il momento, non hanno sortito alcun effetto.
Una forma di espressione del proprio dissenso a cui si potrebbero affiancare ulteriori iniziative. Fra queste, quella del ricorso allo sciopero della fame. Una extrema ratio paventata da alcuni manifestanti che, già nella giornata di oggi, avevano intenzione di accamparsi nel giardino posto di fronte a Palazzo d’Orleans. Circa una decina quelli che si erano dati appuntamento a piazza Indipendenza questo pomeriggio. Un progetto però tramontato sia a causa delle avverse condizioni meteo che per problemi di autorizzazioni per il suolo pubblico da richiedere al SUAP.
Percettori del reddito di cittadinanza che, proprio in queste ore, avevano palesato tale volontà in una lettera aperta indirizzata al premier Giorgia Meloni. Di seguito riportiamo alcuni passaggi della missiva inviata da Giuseppe De Lisi, Salvo Taranto e altri due percettori del reddito di cittadinanza.
“Caro presidente, nonostante i nostri accorati appelli; nonostante le storie di molti di noi siano state raccontate dai media facendo emergere tutta la sofferenza e la preoccupazione su un futuro incerto per le nostre famiglie, il Governo ha deciso di procedere con il taglio della misura del reddito di cittadinanza. Quando avevamo 15/16 anni, ci è stato detto che avremmo potuto smettere di studiare perchè l’Italia era in crescita. E noi, con le nostre braccia, avremmo potuto contribuire al suo sviluppo e, allo stesso tempo, potevamo aiutare le nostre famigie d’origine. C’è chi lo ha fatto restando al sud, pur conoscendo le sue logiche di lavoro sommerso e di compiacenza. C’è chi, invece, lo ha fatto andando a lavorare per quel nord produttivo e locomotore d’Italia”.
“Poi per riprendere una Sua frase ormai famosa “la pacchia è finita”. Ma non per tutti. Soltanto per quella manovalanza diventata superflua nel momento di recessione economica. Credevamo – aggiungono i percettori nella lettera – che si trovasse una soluzione che ci consentisse di rinunciare al reddito di cittadinanza e contemporaneamente ci rinserisse nel mondo del lavoro che crediamo ancora essere un diritto in quanto cittadini di quell’Europa che garantisce i suoi cittadini in Francia come in Germania come speriamo in Italia. Oggi il taglio della misura a sostegno delle nostre famiglie è arrivato senza però consegnarci alcuna alternativa“.