Il sindaco di Palermo, tra i suoi tanti ritornelli, non smette mai di ripetere che Palermo è una città sicura ed eccitante (safety ed exciting). Pochi giorni fa a Berlino ha detto che “Palermo è la città più sicura d’Italia”.
Quando uno qualcosa la ripete all’infinito alla fine arriva addirittura a crederci. Ma ci crede solo lui. Anche perché chi gli sta vicino, gli stessi consiglieri di maggioranza e alcuni assessori non nascondono che le cose non stanno proprio così. Loro sono a contatto con i palermitani e sanno bene che la situazione è più nera che rosa.
Ci sono aggressioni in centro, sono tornati i furti nei negozi con metodi che a detta degli stessi commercianti non si vedevano da anni, addirittura spaccando le vetrine.
Rapine ai commercianti, furti d’auto, moto e in casa, rapine in casa sono sempre presenti nei mattinali di polizia e carabinieri.
E poi lo spaccio di droga è una piaga sempre presente nelle piazze di Ballarò, Sperone, Zen, viale Strasburgo, Capo, Vucciria, Zisa, zona Oreto.
Adesso qualcuno ha avuto anche il coraggio di scriverlo al primo cittadino, forse nel tentativo di riportarlo alla realtà di una città che ancora deve fare molta strada e dove la povertà dilagante alimenta la microcriminalità diffusa.
Ecco la lettera pubblicata questa mattina sulle pagine di Repubblica Palermo.
Gentile sindaco Orlando, siamo studenti che hanno scelto Palermo per il loro percorso universitario. L’Università di Palermo conta più di 55mila iscritti, eppure sorge una domanda: Palermo sa essere davvero una città universitaria? Perché in una città di questo genere non ci si aspetterebbe mai — dopo aver passato una serata tranquilla con i propri amici — di dover fare il viaggio di ritorno in ambulanza. Eppure è quello che è successo ad alcuni di noi e anche a tanti altri. I luoghi in cui si può rimanere vittime di botte non cercate e non volute a Palermo sono tanti: via Stabile, via Roma, via Maqueda, Ballarò, la Vucciria. Zone centralissime, tutte.
Una volta dovrebbe passare una serata insieme a noi. Provare a inebriarsi anche lei di questo entusiasmo di esserci, di essere tra amici. Magari con una birra in mano, attaccando discorso con chi le sta accanto e che magari non ha mai visto prima. Di certo non si sentirebbe di “andarsela a cercare” e vedrebbe chiaramente, come lo vediamo noi, quanto sia pura miopia continuare a stigmatizzare alcuni posti e — stigmatizzandoli — renderli zona franca in cui tutto può succedere, ed è così e non ci si può fare niente.
Quando verrà con noi capirà benissimo la nostra incredulità di fronte all’improvviso cambio di scena di questi luoghi che si trasformano in ring. Ring in cui ci si trova buttati dentro, con intorno tutti fermi a guardare (perché chi si mette contro questa gente?). Il malcapitato che si ritrovi al centro di questo ring deve solo cercare di non essere sopraffatto, di non cadere. Deve cercare di scappare.
Quando usciamo di casa, portiamo con noi un pizzico di paura, e insieme la speranza che non succeda niente. E che, se proprio deve succedere qualcosa, che siano solo pugni o ginocchiate. Niente di più grave.
Col passare dei giorni tutte le emozioni si sedimentano, ma si fa sempre più forte l’esigenza di porre una domanda a qualcuno che possa ascoltarci. Perché non possiamo sentirci liberi di uscire la sera? Di raggiungere i nostri amici in centro? Noi non sappiamo se lei abbia potere di fare qualcosa per rendere la città più sicura. Però sicuramente la sua voce è più forte della nostra, i suoi poteri sono più grandi dei nostri.
Vorremmo che le strade di Palermo e i posti di ritrovo per gli studenti fossero più sicuri, perché è inammissibile dover andare in pronto soccorso dopo una serata che si pensava dovesse essere tranquilla, serena.
Come è inammissibile dover avere paura ad aspettare bus notturni che non passano mai, in via Roma. Ancora peggio se si è ragazze.
Palermo è una città universitaria, purtroppo non ci sentiamo di dire che lo sia nei fatti. La vita da universitari, soprattutto fuorisede, a Palermo è difficile.
Il Cus è raggiungibile solo in macchina, muoversi la sera con gli autobus diventa un terno al lotto, le zone con il più alto tasso di studenti fuorisede stanziali sono le stesse in cui si deve avere paura a uscire la sera da soli.
A tutto questo aggiungiamo le botte, le botte insensate in pieno centro. Davvero riteniamo che questo sia troppo. Ci sta a cuore l’idea di sentirci liberi di muoverci la sera entro un certo margine di sicurezza. Ci sta molto a cuore perché è ancora vivido il ricordo di Aldo, nostro collega che non è mai tornato a casa dalla discoteca in cui era andato per festeggiare la sua laurea. È davvero così difficile, in questa nostra città che amiamo ma che a volte sembra non volerci, imparare?
Confidiamo vivamente in una sua risposta e ci rendiamo disponibili se lei volesse concederci un incontro.
Firmata da Maria Francesca Saija e 99 altre firme.