In attesa delle mosse ufficiali della Regione Siciliana, sono i Comuni a fare il primo passo sulla ripresa delle scuole da lunedì 10 gennaio. Molti i sindaci che hanno stabilito il ritorno alla DAD (Didattica a Distanza) vista l’impennata dei contagi Covid19 in Sicilia.
I sindaci del comprensorio tirrenico-nebroideo, ricadenti nel distretto sanitario di Sant’Agata Militello, decidono norme restrittive per le scuole di ogni ordine e grado, pur di evitare un ulteriore balzo in avanti dei contagi da Covid19. Dopo aver inviato una lettera al prefetto di Messina e alla procura di Patti, nella quale si denuncia “l’insostenibile situazione di stallo in cui si trovano i servizi sanitari per la gestione dell’emergenza coronavirus”, quest’oggi hanno emanato singole ordinanze per posticipare al prossimo 17 gennaio il ritorno in classe.
“Una situazione che sta diventando ingestibile – dice il sindaco di Naso, Gaetano Nanì – ricevo giornalmente telefonate da concittadini che spontaneamente si chiudono in isolamento perché positivi e a cui l’Asp non riesce a garantire tamponi e tracciamenti. Nella mia città siamo a oltre 50 positivi e più di 60 tra quarantene e isolamenti, numeri importanti e destinati purtroppo ad aumentare”.
“Il ritorno a scuola in queste condizioni è una vera follia – ammette il primo cittadino di Torrenova Salvatore Castrovinci – considerato lo stato del sistema sanitario della nostra provincia. Personalmente non sarò complice di un modus operandi altamente svantaggioso per i cittadini, Asp e Usca hanno una mole di lavoro sovradimensionata rispetto all’attuale assetto. Chiediamo più medici e paramedici, ma anche l’attivazione di una cabina di regia con il supporto di esperti informatici che possa rendere fluido ed efficace il caricamento dei dati necessari per la gestione di contatti, isolamenti e positivi”.
Il sindaco di Taormina, Mario Bolognari, è pronto a chiudere le scuole nel territorio della cittadina turistica vista la situazione preoccupante della pandemia. “In tutto sono 189 i casi a Taormina – ha riferito il primo cittadino, nel suo consueto bollettino Covid del venerdì – in una settimana si sono aggiunti 95 positivi in più, tra dati ufficiali e non ufficiali, quelli, cioè, che ci arrivano dalla richiesta di raccolta dei rifiuti da parte di chi ha contratto il virus. Si tratta di una situazione che rappresenta l’andamento generale. In ogni caso se entro domenica non arrivasse un provvedimento in tal senso, in ambito nazionale e regionale, anche se non è diretta competenza dei sindaci, consultandomi anche con gli altri colleghi, sarò costretto a chiudere le scuole per problemi igienico sanitari”.
Il sindaco di Caccamo (PA) Nicasio di Cola questa mattina ha emanato un’ordinanza che dispone la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e i servizi educativi per l’infanzia, nel territorio comunale, da lunedì 10 a venerdì 21 gennaio.
“Una soluzione necessaria – si legge in una nota – visto l’elevato numero di contagi registrati nel nostro comune, al fine di limitare un ulteriore e incremento e soprattutto salvaguardare la salute dei bambini, dei ragazzi e di tutta la popolazione”.
Con un’ordinanza il sindaco di Misilmeri (PA) ha disposto la sospensione delle attività didattiche in presenza per tutte le scuole di ogni ordine e grado del territorio sino al 14 gennaio. La decisione è stata presa da Rosario Rizzolo “in via precauzionale e prudenziale, al fine di contrastare la diffusione del Covid-19 verosimilmente conseguente alla concomitante presenza di persone alla ripresa delle lezioni scolastiche”.
Stessa cosa a Trappeto (PA), dove il sindaco Santo Cosentino ha deciso la chiusura delle scuole dal 10 al 22 gennaio. Nell’ordinanza il primo cittadino ha disposto «la chiusura temporanea di tutte le scuole di ogni ordine e grado nel Comune dal 10 gennaio al 22 gennaio 2022» per evitare nuovi focolai Covid.
“Vogliamo conoscere i dati epidemiologici aggiornati per prendere le necessarie decisioni sulla riapertura o meno delle scuole”. E’ quanto chiedono i sindaci della provincia di Palermo al commissario per l’emergenza Covid Renato Costa.
“Quelli che si hanno forniti in queste settimane sono incompleti o non fotografano la realtà della situazione – dicono i sindaci che si sono riuniti oggi in videoconferenza per cercare soluzioni idonee in vista della riapertura delle scuole – Di fronte alla situazione pandemica in atto, con senso di responsabilità, abbiamo condiviso lo stesso identico stato di disagio nell’affrontare l’emergenza da COVID 19 per via delle difficoltà riscontrate nel sistema di trasmissione dei dati del tracciamento dei soggetti positivi e in quarantena. Abbiamo riaffermato il ruolo fondamentale dei Comuni nell’essere coinvolti per tempo per approntare tutte le misure idonee a lenire le difficoltà e i disagi della popolazione cui comunque si sta cercando di provvedere con iniziative fai da te”.
Di fronte all’ondata di contagi da virus Covid-19, tutti i sindaci hanno sottolineato la comune assenza di comunicazioni certe e attendibili da parte delle competenti Autorità Sanitarie (ASP Palermo e Struttura Commissariale anticovid), prese come sono a far fronte alla crisi emergenziale.
“Chiediamo – concludono – alle autorità sanitarie distrettuali competenti di agire con prudenza comunicando a ciascun sindaco i dati ufficiali delle persone positive e in quarantena sulla base dei quali, accertato il potenziale pericolo pandemico, poter decidere eventualmente la proroga dell’apertura delle scuole di ogni ordine e grado”.
“Rimandare la riapertura delle scuole in Sicilia non è la soluzione ideale ma in questo momento è certamente la meno rischiosa”. Lo dice Claudio Fava, deputato regionale de I cento passi.
Per il parlamentare, “soprattutto in considerazione delle iniziative che, precauzionalmente, stanno prendendo molti sindaci della regione, chiediamo all’assessore Lagalla un atto di responsabilità e di non lasciare sindaci e famiglie in uno stato di incertezza e di confusione”.
Posticipare l’apertura delle scuole, recuperando poi a giugno. E poi, cambiare il sistema delle ‘Regioni a colori’, introducendo tra i parametri quelli relativi alla pressione sulla sanità territoriale e integrando, a tal fine, il Comitato Tecnico Scientifico con medici di medicina generale. Lo chiede il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, per cercare di contenere l’aumento dei contagi e dei ricoveri che sta mettendo a dura prova il Servizio sanitario nazionale.
Anelli chiede dunque di posticipare l’apertura delle scuole di 15 giorni. “Le misure messe in atto dal Governo sono importanti, ma potrebbero non essere sufficienti per arginare il diffondersi dell’epidemia – continua -. I due anni trascorsi ci hanno insegnato che una misura davvero efficace è quella di limitare, in vista del picco, i contatti tra le persone. La riapertura delle scuole, in un momento in cui gli studenti hanno appena iniziato a vaccinarsi o a fare i richiami, a seconda delle fasce d’età, ci preoccupa, così come preoccupa i presidi. Per questo chiediamo uno stop di 15 giorni, da recuperare poi a giugno, quando dovremmo essere fuori dall’emergenza”. Anche il sistema ‘a colori’ delle Regioni “non rispecchia più la realtà, e va aggiornato – afferma -. Funzionava quando il problema era prevalentemente l’occupazione dei posti letto e delle terapie intensive. Oggi, con i vaccini, la maggior parte dei contagiati – oltre un milione e mezzo di persone – è curata a casa. Con questi numeri, anche il tracciamento rischia di saltare. Serve una nuova classificazione, nuovi parametri che tengano conto della pressione sulla sanità territoriale. Occorre coinvolgere i medici del territorio, a livello decisionale prima ancora che operativo, integrando i loro rappresentanti nel CTS”.
“C’è, tra i colleghi, una forte preoccupazione per il picco atteso verso la metà del mese – spiega Anelli -. In molte zone d’Italia gli ospedali sono già in sofferenza e gli Ordini lanciano l’allarme: succede a Napoli, Palermo, Firenze, in Liguria, in Lombardia. Molti reparti si stanno trasformando in reparti Covid, con conseguente trasferimento del personale. Nelle terapie intensive, il 16% dei posti è occupato da pazienti Covid, limitando la possibilità di usufruirne ai pazienti delle urgenze (infarti, ictus, interventi chirurgici urgenti, complicazioni del parto, incidenti stradali). Tutto questo ha come conseguenza l’allungamento delle liste d’attesa, con possibili aggravamenti dei quadri clinici. Ribadiamo, ancora una volta, che il Covid non ha mandato in pensione le altre malattie: il nostro Servizio Sanitario pubblico deve ancora far fronte alla cura dei tumori, delle patologie cardiovascolari, delle malattie degenerative. Per questo invitiamo tutti i cittadini che ne hanno la possibilità a vaccinarsi, con il protocollo comprensivo del richiamo”.
Da una proiezione del numero di classi che potrebbero superare i limiti massimi di alunni contagiati previsti dal Governo emerge che tra dieci giorni 200mila classi (più di una su due sulle 296mila statali), dalla scuola dell’infanzia alle superiori, rischiano di dover interrompere la didattica in presenza.
E’ l’analisi fatta da Tuttoscuola, che ricorda come da oggi, secondo il calendario ufficiale, riaprono le scuole in alcune regioni (Lombardia, Emilia Romagna, Friuli, Marche, Toscana e in provincia di Trento). Anche se autonomia delle scuole e ordinanze dei sindaci hanno fatto slittare in numerosi casi l’apertura effettiva a lunedì 10 gennaio. Il Governo nel decreto varato il 5 gennaio e di imminente pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ha confermato che si torna in presenza.
Secondo la rivista specializzate, “occorre fare i conti con i crescenti contagi che stanno coinvolgendo alunni e personale scolastico, nonostante la chiusura delle scuole per le vacanze natalizie. E le regole stesse fissate dal decreto del Governo portano a stimare che dopo pochi giorni di applicazione la maggior parte delle classi si ritroveranno in Dad. Vediamo perché. Sul milione e 406mila casi positivi registrati alla vigilia dell’Epifania, stime attendibili individuano in circa 300mila gli alunni contagiati. Si può calcolare che, in rapporto all’intera popolazione scolastica, siano circa 35mila i bambini della scuola dell’infanzia infettati, 95mila quelli della scuola primaria, 65mila gli alunni della scuola secondaria di I grado e 105mila studenti delle superiori”.
Tuttoscuola ha elaborato la proiezione del numero di classi per le quali, applicando le regole stabilite dal Consiglio dei ministri, verrebbero sospese le lezioni (scuola dell’infanzia) o che passerebbero alla didattica a distanza (dalle scuole primarie alle superiori). Per la scuola dell’infanzia dove le sezioni sono 41.382, supponendo che almeno la metà ospiti uno o più di quei 35 mila bambini, vi sarebbero circa 20 mila sezioni chiuse con tutti i bambini in quarantena per almeno dieci giorni. Analogamente, per la scuola primaria dove le classi sono 125.495 a ospitare quei 95mila alunni contagiati, andrebbero in didattica digitale integrata (DDI) per la durata di dieci giorni fino a un massimo di 48 mila classi.
Per le classi della secondaria di I grado (77.883) e per quelle di II grado (124.145), dove con almeno tre casi di positività nella classe si applica alla medesima classe la didattica digitale integrata, si potrebbero avere fino a un massimo di 21 mila classi di secondaria di I grado con gli alunni a casa in DDI e fino a un massimo di 35 mila classi delle superiori con gli studenti a casa in DDI, tutti per almeno dieci giorni. Questa situazione probabile si riferisce ai numeri di contagiati ad oggi e potrebbe verificarsi in tutta Italia già da lunedì prossimo, 10 gennaio. Ma, considerato che il contagio dalla variante Omicron non ha ancora raggiunto il suo picco e negli ultimi tre giorni ha registrato un incremento quotidiano di casi positivi intorno al 12%, al termine della prossima settimana gli alunni contagiati potrebbero raggiungere il mezzo milione o addirittura di più rispetto ai 300mila previsti attualmente.
Con quali conseguenze per le scuole, in base alle regole fissate dal nuovo decreto? Si potrebbero avere quasi tutte le sezioni di scuola dell’infanzia chiuse, circa 80mila classi di primaria in DDI e con esse 30 mila classi della secondaria di I grado, nonché 50mila delle superiori anch’esse chiuse con gli studenti a casa a seguire la didattica digitale integrata. Si tratta di stime in base ai numeri disponibili ma altamente indicative dell’entità del fenomeno a cui è prevedibile si andrà incontro nei prossimi giorni.