Un successo di santi e peccatori, di angeli e demoni, di laici e devoti, di miseria e nobiltà. Un tripudio di pubblico per Salvo Piparo e “R Patrona” ieri nel cortile Maqueda di Palazzo Reale. Oltre lo spettacolo. Una rappresentazione teatrale che unisce una moltitudine di maestranze locali.
Ieri sera il debutto della prima delle due serate dedicate al Trionfo di Santa Rosalia, nata dal formidabile intuito del giornalista Giuseppe Sottile, promosso dall’Ars, dalla Fondazione Federico II e dall’Associazione Kleis, è stata un’epopea laica e devota al tempo stesso.
Nato dai canovacci di Salvo Licata e dal suo “Trionfo di Rosalia” con la magistrale regia di Clara Congera ha narrato la storia, la leggenda e il dramma popolare ricchi di significati e simboli, come solo il grande Gigi Burruano era capace di fare, sulla devozione più antica e seguita al mondo: quella della romita Rosalia Sinibaldi.
R Patrona è uno scrigno carico di contrapposizioni e antitesi. Dove la fede e il rito popolare, la storia e la leggenda, le verità agiografiche e i falsi del popolo si mescolano sapientemente cuntati e raccontati utilizzando diversi linguaggi.
Dall’alfabeto dei pupari al dramma tout court, dalla danza agli acrobati, dal canto al cabaret. E ogni linguaggio è funzionale nel comunicare temi, cuciti addosso come una seconda pelle, in uno scenario drammatico e immaginifico, al tempo stesso, che mette al centro Palermo capitale della cultura ma anche della “munnizza” e del degrado sempre più crescente.
Nel cortile Maqueda la felice e geniale intuizione di un palco – pedana che divide in due ogni cosa: il cortile Maqueda, la platea, i temi, i tempi e i ritmi dello spettacolo. Da un lato il teatrino dei pupi dei formidabili Nicola e Dario Argento e all’altro capo i musicisti a fare da colonna sonora per l’intero spettacolo. Sul palco un continuo tra cantanti, attori, acrobati e danzatori e, tra il pubblico, appestati striscianti sul basolato del cortile Maqueda. Rosalia torna, proprio, nel Palazzo che fu la sua dimora da ancella; qui dove non le è mai stata dedicata alcuna preghiera e dove, per l’occasione, ritorna, dopo secoli, una bellissima copia dell’edicola votiva più antica di Palermo quella di piazza Monte di Pietà. Salvo Piparo è magistrale nel tenere insieme tutto quanto. Attore drammatico, cabarettista, contastorie di un racconto dagli svariati stili narrativi. Lui è la sintesi perfetta di ogni singola contraddizione siciliana cuntata sul palcoscenico. Il pubblico segue con attenzione lo snodo della storia e l’afflato con Piparo lo si tocca, davvero, con mano. E poi c’è lei, Costanza Licata ad interpretare la romita Rosalia Sinibaldi. La donna che sceglie la via del sacrificio e dell’abnegazione in nome del Cielo. Una voce decisa, matura calata nei panni di Rosalia, prima donna e poi divenuta Santa.
Sorprendente è anche Alessandra Salerno, nel ruolo dell’angelo che caccia via, tra i canti angelici, gli assalti della Peste. Egle Mazzamuto è la madre e la luna. Il comandante turco Cavalà è, invece, interpretato da un talentuoso Alessandro Napolitano. Il corpo di ballo è di Virginia Gambino e gli arrampicatori che scendono con le corde dal loggiato del piano parlamentare sono guidati da Alessandro Scimonelli. Poi, i musicisti Michele Piccione, Ciccio Piras, Gioacchino Comparetto, Raffaele Pullara, Giuseppe Giordano e Luisa Cerami a fare anche da controcanto alle due voci protagoniste. “R Patrona” è musical sfarzoso e sfardato al tempo stesso. Una cavalcata tra storia e leggenda, tra devozione e rito popolare.
Uno spettacolo di grade livellO, di scene e colori rispetto al quale è bene lasciar parlare le immagini