“Vuoti probatori” e “incongruenze”, per questo motivo Pino Maniaci assolto dalle accuse di estorsione nel processo in cui era imputato a Palermo. Mai le sue “pressioni mediatiche” avrebbero raggiunto il livello della minaccia. Lo afferma il giudice Mauro Terranova che ha depositato le motivazioni a distanza di oltre 2 anni da quando è stata emessa sentenza. Le diffamazioni ci furono tutte e con la recidiva, lesive della dignità della persone offese e per questo è invece arrivata la condanna a un anno e 5 mesi di reclusione e al risarcimento delle parti civili costituite.
Rapporti ambigui e nessuna prova
Pino Maniaci, giornalista e fac totum dell’emittente televisiva Telejato, era imputato di estorsioni e diffamazione in uno dei due tronconi del processo Kelevra. Vicenda scaturita a suo tempo anche con l’arresto anche di 9 esponenti mafiosi. Il giornalista di Partinico, secondo l’originaria accusa della Procura, avrebbe esercitato il suo potere mediatico facendo pressioni per ottenere regalie e soldi da vari esponenti politici. Per le estorsioni erano contestati episodi nei confronti dell’allora assessore Gioacchino Polizzi (tornato recentemente in carica, ndr), dell’ex sindaco di Borgetto Gioacchino De Luca e dell’ex sindaco di Partinico Salvo Lo Biundo. Il giudice del tribunale di Palermo avrebbe riscontrato nei vari episodi come l’ipotesi accusatoria sia stata “viziata da numerose incongruenze e vuoti probatori che l’istruttoria dibattimentale non ha colmato”. Mancherebbe secondo il giudice anche la materiale prova della minaccia. Addirittura con De Luca sarebbe emerso “un rapporto sicuramente ambiguo”.
“Dialoghi vanagloriosi”
Secondo il giudice le intercettazioni da sole non sarebbero in grado di poter confermare l’esistenza di questa minaccia con fini estorsivi. Come quelle che sarebbero state appurate nei confronti di Salvo Lo Biundo, da cui Maniaci otteneva piccole somme di denaro ed anche l’assunzione in nero dell’amante Valentina Candela. “Le continue e pressanti richieste da parte dell’imputato, al di là delle colorite e vanagloriose espressioni di Maniaci nelle conversazioni con Candela, – rivela il giudice – non hanno mai raggiunto il livello di minaccia perché manca del tutto la prospettazione di un male ingiusto che non è emerso”.
Un sistema condiviso da tutti
Alla fine il giudice chiude tirando le conclusioni di quello che secondo lui era il clima a Partinico, emerso nel corso del dibattimento processuale. “Gli esponenti politici – si legge -, se da un lato dovevano subire gli attacchi mediatici di Telejato, dall’altro hanno imparato a conviverci. E ad utilizzare anche per il proprio tornaconto la cassa di risonanza costituita dall’emittente televisiva secondo un gioco delle parti di cui tutti erano consapevoli”.
Nelle diffamazioni uso “spregiudicato” dell’attività giornalistica
Condannato invece per le diffamazioni nei confronti di Gioacchino De Luca, dell’ex presidente del consiglio di Borgetto Elisabetta Liparoto, dell’ex assessore sempre di Borgetto Vito Spina, del giornalista Michele Giuliano, dell’operatore tv Nunzio Quatrosi e dell’artista e docente Gaetano Porcasi. Ai politici Borgettani furono attribuiti fantomatici rapporti con esponenti della mafia, agli altri tre invece furono fatti attacchi personali attraverso la tv gestita da Maniaci. In questo caso il giudice parla di “uso spregiudicato della sua attività giornalistica”.
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