La Procura di Palermo torna a chiedere l’archiviazione per il caso di un suicidio che si consumò all’ospedale Civico di Partinico. Per la seconda volta il pubblico ministero, Vincenzo Amico, ha trasmesso al Gip la richiesta di archiviazione del caso. Si tratta della vicenda relativa alla morte di Francesco Biagiotti, operaio forestale di 54 anni di Borgetto. L’uomo si tolse la vita all’interno del reparto di Psichiatria nel settembre del 2020. Avrebbe dovuto essere sorvegliato a vista è stato ribadito dai familiari che per questo presentarono un esposto attraverso lo studio legale Studio3A e l’avvocato Vincenzo Di Giovanna del foro di Sciacca. L’uomo si era totlo la vita impiccandosi. Lo aveva fatto con dei lacci di scarpe annodati alla grata in ferro del balcone esterno alla sua camera.
In seguito ad un supplemento d’indagine disposto dal Gip nel dicembre scorso, si è proceduto a nuove verifiche. Risentito, attraverso i carabinieri di Partinico, il personale in servizio al reparto di psichiatria. Gli infermieri sono tornati a sostenere di aver rispettato la procedura e di aver tolto al paziente cintura e stringhe delle scarpe. Affermazioni che, secondo i legali dei familiari di Biagiotti, contrastano con quanto invece sostenuto dalla sorella della vittima. Non ci sarebbero riscontri nella documentazione clinica, non emerge questa rimozione e che peraltro continuano a non spiegare come la vittima avesse potuto disporre dei lacci. “Le ulteriori indagini –scrive il pm – non hanno consentito di fugare i dubbi e le perplessità, né di individuare l’autore del reato. Non sussistono pertanto i presupposti per il proficuo esercizio dell’azione penale”.
Biagiotti lavorava come guardia forestale e soffriva di depressione anche per una serie di gravi problematiche familiari. Già due giorni prima aveva tentato il suicidio, e non era la prima volta. I carabinieri della locale stazione l’avevano fermato in tempo, convincendolo a farsi aiutare dai sanitari del 118 che lo hanno trasportato al pronto soccorso del nosocomio di Partinico. Un motivo in più, secondo i familiari, per tenere maggiormente sotto controllo il soggetto. L’accusa è quella di aver rallentato i controlli. E infatti l’inchiesta è partita con l’ipotesi di reato di istigazione o aiuto al suicidio.
A destare tante, troppe perplessità nelle sorelle della vittima la presunta “mancata predisposizione di un servizio di vigilanza continuativa su un soggetto a così alto rischio di suicidio”. Secondo i familiari si sarebbero anche dovute rimuovere le stringhe delle scarpe dal paziente. Una delle sorelle, quando Biagiotti si trovava ancora al pronto soccorso, era riuscita a togliergli la cintura dai pantaloni. Purtroppo non aveva fatto a tempo a sfilargli anche le stringhe alle scarpe che calzava. La famiglia non si arrende. Ora i patrocinatori dei familiari della vittima valuteranno se proporre una ulteriore opposizione a questa seconda richiesta di archiviazione. la parola comunque passa al Gip che dovrà fare le sue valutazioni. “Le sorelle di Biagiotti con Studio3A e l’avvocato Di Giovanna – si legge in una nota – continueranno la battaglia in sede civile per il riconoscimento della responsabilità quanto meno della struttura”.