Nella sola provincia di Palermo dall’inizio dell’anno ad essere accertate dalle forze dell’ordine 216 estorsioni. Ma sono ancora pochissimi quelli che denunciano, si parla di un 6 per cento all’incirca. Numeri confermati nelle loro proporzioni anche dal generale Giuseppe De Liso, da poco subentrato al comando provinciale dei carabinieri di Palermo: “Come Arma abbiamo seguito 115 di questi episodi estorsivi – afferma – ma le denunce ricevute sono state soltanto 7”. Dati impietosi venuti fuori questa mattina a Partinico nel corso del convegno organizzato in collaborazione tra Comune e prefettura di Palermo al titolo: “Racket e usura: il virus che contagia l’economia prevenzione, contrasto, solidarietà”.
Il pizzo nonostante la crisi covid
Neanche l’emergenza coronavirus è riuscita a fermare la violenza mafiosa sul territorio che non ha guardato in faccia imprenditori e commercianti. La quasi totalità di loro hanno subito perdite di fatturato e nonostante tutto hanno continuato ad essere vessati da Cosa Nostra: “Il pizzo – ha detto il questore di Palermo, Leopoldo Laricchia – è stato chiesto anche durante il lockdown, è emerso da alcune indagini. L’ultima operazione fatto sul quartiere di Ciaculli a Palermo ha messo in luce ben una cinquantina di episodi estortivi a fronte di nessuna denuncia. Anzi dalle intercettazioni è emerso un quadro inquietante dove addirittura l’estorto viveva la sua condizione come fosse affetto dalla ‘Sindrome di Stoccolma’. La vittima vedeva il suo estortore come il necessario percorso per giustificare l’esborso delle somme richieste”.
La catena di operazioni di Addiopizzo
Ad intervenire anche Annamaria Picozzi, oggi procuratore aggiunto del tribunale di Palermo, che ha seguito per anni personalmente i vari processi alla mafia e ai suoi estortori. Un lavoro incessante sfociato in centinaia di arresti ben 5 operazioni tutte denominate “Addiopizzo”: “Inutile negare – ha detto – che questo è un tema di scottante attualità e noi ce la mettiamo tutta affinchè le cose possano cambiare. Per rispondere con efficacia serve una giustizia veloce e un accesso ai fondi per le vittime che ha bisogno di essere parzialmente sburocratizzato”.
Il botta e risposta tra politica e Centro Pio La Torre
L’assessore regionale Toto Cordaro ha ricordato la necessità che la politica dia dei contributi normativi ed ha citato delle belle esperienze in cui è stato personalmente il protagonista nella sua lunga militanza oramai dietro gli scranni dell’Ars: “Ricordo la legge sull’obbligo della Regione a costituirsi parte civile nei processi mafia e il sostegno economico ai commercianti. Mi chiedo allora per quale ragione il numero delle denunce è ancora troppo limitato”. “Perché – gli ha fatto da contraltare Vito Lo Monaco, presidente del centro studio Pio La Torre – ci sono ancora forti discussioni su connubi tra mafia, politica e corruzione. C’è chi ancora tra le istituzioni, la politica e la chiesa nega l’esistenza della mafia. Serve un cambiamento del modello di sviluppo che va ad incidere sulla base culturale”.
Le associazioni antiracket
Il loro ruolo è stato definito di assoluta importanza. Eppure anche loro non hanno negato le difficoltà a cui sono andate incontro. Non solo in termini burocratici e di sistema ma persino i mentalità: “Bisogna interrogarsi – ha detto invece Salvatore Caradonna di Addiopizzo – sulla qualità del tessuto economico e produttivo di questo territorio. Se non si risolve il quesito su chi opera e produce in questa terra non si può dare una risposta”.
Commissario Antiracket: “Tempi brevi per sostegno a vittime”
“Abbiamo avviato un progetto che consentirà, alla fine di quest’anno, di comprimere i tempi istruttori notevolmente. Sostituiremo la piattaforma informatica, che non è più in grado di fare dialogare tutti gli attori del procedimento, in tempo reale. Quindi, questo progetto vedrà la luce, a regime, dopo l’estate del 2022. E questo è già un passo importante e una riposta alle lungaggini burocratiche”. Parola del commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, il prefetto Giovanna Stefania Cagliostro, che ha chiuso i lavori del convegno. “Questa è un’occasione che dà l’opportunità, soprattutto a me, di confrontarmi con la realtà e con i territori e fare questa iniziativa proprio in un luogo come Partinico ha un valore aggiunto – dice ancora Cagliostro -. La vittima che denuncia non ha né tempo, né voglia di aspettare perché nel momento in cui decide di fare questo passo ha bisogno di risposte certe, e spesso non ha abbastanza fiducia nello Stato. E io qui rappresento qui lo Stato. Denunciare conviene, perché la vittima non viene lasciata sola”, conclude il prefetto Cagliostro, che ha voluto ringraziare anche il mondo dell’associazionismo perché “accompagnano la vittima non solo nel momento in cui decide ma quando noi eroghiamo i fondi, in quei momenti la vittima è confusa e disorientata”. Il prefetto ha elencato gli ultimi dati su racket e usura, che definisce non soddisfacenti: “Nel 2019 sono state presentate 314 istanze di risarcimento per estorsione e nel 2020 sono state 284”; sul fronte dell’usura “nel 2019 erano 418 e nel 2020 appena 255”
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