Su richiesta del ministero dell’Interno, l’assessore alle Infrastrutture e trasporti della Regione siciliana, Alessandro Aricò, ha autorizzato il trasferimento straordinario di 300 migranti mediante una corsa straordinaria del traghetto “Lampedusa”. La nave li porterà da Pantelleria a Termini Imerese.
“Continua – dice Aricò – l’impegno della Regione nell’affrontare l’emergenza, cercando di rendere più operativi i mezzi a disposizione. Nello stesso tempo, prestiamo attenzione alle esigenze dei cittadini, evitando di gravare sui servizi all’utenza”.
Arrivano nel pomeriggio a Reggio Calabria 600 migranti che si trovavano a Porto Empedocle. Per le 16, infatti, è previsto l’arrivo in porto della nave traghetto P. Veronese con i 600 a bordo. la Prefettura ha già attivato il meccanismo di accoglienza.
Sono 180 i migranti che fra poco cominceranno a essere trasferiti dall’hotspot di contrada Imbriacola all’aeroporto di Lampedusa, da dove verranno imbarcati su un volo Oim diretto a Bergamo. Al centro restano 1.136 migranti. Ma il dato è in continua evoluzione.
Sono due gli sbarchi, con un totale di 59 migranti, avvenuti su molo Favarolo di Lampedusa. A bloccare i barchini, partiti da Kerkennah in Tunisia, sono stati i militari della motovedetta V801 della guardia di finanza. A bordo del primo c’erano 31 persone, tra cui 5 donne e 13 minori; sul secondo invece 29 tunisini.
Un’altra assemblea cittadina è stata convocata per domani pomeriggio, in piazza Della Libertà, nei pressi del municipio di Lampedusa. Verrà ribadito “il no alla realizzazione della tendopoli a Capo Ponente e il no a qualsiasi struttura legata alla gestione dei migranti o ad attività militari – ha detto Giacomo Sferlazzo, portavoce del movimento Mediterraneo Pelagie – Continuiamo a chiedere che i migranti siano portati direttamente sulla terraferma. Non accetteremo né compensazioni, né baratti”.
Intanto, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha telefonato, di buon mattino, al sindaco di Porto Empedocle Calogero Martello per manifestargli la vicinanza del governo e soprattutto la consapevolezza che Porto Empedocle, come Lampedusa, è interessata in maniera pesante dal fenomeno migratorio e ne subisce i contraccolpi.
La telefonata del capo del Viminale è stata fatta dopo che ieri il sindaco era sbottato parlando di fenomeno ingestibile e di paure dei suoi concittadini. Piantedosi, stamani, ha rassicurato il sindaco in merito alla conclusione dei lavori per la creazione, nell’area finale del porto, dell’hotspot. Un centro che sarà raggiungibile, lungo vie interne, dai migranti trasferiti da Lampedusa, che non verranno visti dalla popolazione.
“Forza italia ha sempre sostenuto che il problema migranti va affrontato dall’Europa in modo solidale. Bene ha fatto Antonio Tajani a porre il problema anche in sede ONU perché solo con il coinvolgimento di tutti i grandi player mondiali, Stati Uniti compresi, sarà possibile pianificare interventi che frenino il fenomeno dell’immigrazione, in drammatica crescita, dal continente africano”. Lo ha detto il presidente dei deputati di Forza Italia, Paolo Barelli, al Tg1.
“In Italia, soprattutto a Lampedusa, vi è adesso un fenomeno che ci dimostra quanto sia necessario trovare soluzioni durevoli” sul fenomeno migratorio. E “non dobbiamo vedere l’immigrazione come un peso, ma dobbiamo gestirla insieme e trasformare i flussi migratori in opportunità, sapendo che molti migranti hanno un enorme potenziale come studenti, come lavoratiti e come individui”. Lo ha detto Oliviero Forti, responsabile Politiche migratorie e Protezione internazionale della Caritas Italiana, intervenendo oggi alla conferenza online di Caritas Internationalis su
“Soluzioni durature per migranti e rifugiati”, evento virtuale in occasione della 109/a Giornata mondiale del migranti e del rifugiato. Secondo Forti, “promuovere percorsi legali è il modo migliore e più concreto per combattere la tratta di esseri umani e investire nell’impegno della comunità in modo giusto per costruire solidarietà, rafforzare una cultura dei diritti umani e promuovere programmi di gestione sostenibile della migrazione”.
Forti ha portato l’esempio italiano dei “corridoi umanitari” che vede impegnate oltre alla Caritas anche altre ong ed espressioni della società civile, per l’ingresso legale di rifugiati dall’Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia, e che ha definito “uno dei modi principali per combattere la tratta di esseri umani e per evitare che le persone muoiano durante il viaggio”. Ad essi si aggiungono anche i “corridoi del lavoro” e i “corridoi universitari”, per l’ingresso di persone con destinazione sia nell’occupazione che in esperienze di studio.
Secondo Oliviero Forti, “ci sono alcuni percorsi legali e sicuri che però non vengono utilizzati dai Paesi in maniera adeguata. La diffusa narrativa sovranista prevalente nell’opinione pubblica in molti Paesi contribuisce anch’essa a ridurre le opportunità di attuare percorsi sicuri e legali. E vediamo quel che avviene ad esempio in Italia, ma anche in altri Paesi europei”. “A causa di questo squilibrio tra le necessità di protezione e le reali possibilità di raggiungere un Paese sicuro in modo legale, migranti e rifugiati finiscono nelle mani dei trafficanti oppure bloccati in Paesi di primo asilo in attesa di una soluzione duratura”, ha aggiunto.
Il rappresentante di Caritas Italiana ha ricordato che “alla fine del 2022 c’erano 108 milioni di sfollati nel mondo a causa di persecuzioni, conflitti, violenze, violazioni dei diritti umani o eventi che disturbano gravemente l’ordine pubblico. E’ chiaro per tutti noi che le politiche attuali non riescono a gestire tale fenomeno e tale sfida. La maggior bisogno della necessità di protezione si concentra nei Paesi di primo asilo del continente africano”.
Per quanto riguarda i Paesi di origine “pensiamo ai siriani, che rappresentano la popolazione con il più alto bisogno globale di reinsediamento, e poi ci sono i rifugiati dall’Afghanistan, che sono al secondo posto nelle esigenze di reinsediamento a livello globale”. “Nonostante questo bisogno di protezione immenso – ha concluso Forti -, solo 114 mila persone sono state reinsediate, con o senza l’assistenza dell’Unhcr. E’ evidente che i percorsi per entrare nei Paesi di destinazione sono pochissimi e spesso richiedono molto tempo. E non dimentichiamo che spesso i rifugiati hanno bisogno di viaggiare molto a lungo per raggiunge un Paese sicuro”
“I tempi di permanenza nei Cpr già oggi rappresentano un problema, l’idea di arrivare a 18 mesi non solo rischia di essere inefficace rispetto agli obiettivi che il governo si è dato, ma soprattutto rischia di ingenerare nuove tensioni sociali e gravi problemi di ordine pubblico”. Lo afferma all’ANSA Pietro Colapietro, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil, commentando il piano del Governo sull’aumento dei Centri e del tempo di trattenimento dei migranti.
“I Centri di permanenza per i rimpatri – spiega Colapietro – sono delle strutture detentive anomale. Nelle 9 strutture oggi esistenti, che sono al collasso, già oggi ci sono scontri, tentativi di evasione, problemi di gestione con la conseguenza che spesso poliziotti e migranti mettono a rischio la propria incolumità. Tutto questo avviene con l’attuale limite dei 6 mesi e con l’incapacità storica di sottoscrivere accordi coi Paesi di provenienza. Figuriamoci se si allungano a 18 mesi i tempi di permanenza. Stiamo creando delle vere e proprie bombe sociali”.
“Non solo. Se come è stato annunciato – aggiunge il sindacalista – verranno creati altri Cpr, quali uomini e quali mezzi avranno a disposizione atteso che già oggi nelle principali città italiane poliziotti e carabinieri sono in sofferenza di organico? Le promesse del governo sulle assunzioni sono carta straccia perché nessuna risorsa è stata prevista per le assunzioni straordinarie. Quelle ordinarie non compensano i pensionamenti. Come la risolviamo?”.
“E’ appena il caso di ricordare – prosegue il segretario generale del Silp Cgil – che per gestire un Cpr che ospita 150/200 persone servono almeno 20 persone per turno che vengono reperite tra le varie forze di polizia, già oggi sguarnendo gli uffici sul territorio. Quindi per gestire i quattro turni quotidiani più lo smontante occorrono un centinaio di operatori tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari. Tutto questo escludendo coloro che gestiscono le pratiche amministrative e i rimpatri. Se apriamo nuovi Cpr, dove recuperiamo tutto questo personale?”.
“Paghiamo il prezzo conclude Colapietro – di una gestione securitaria e demagogica della sicurezza, con gli uffici immigrazione che sono al collasso, senza nuove risorse per le assunzioni o per il rinnovo del contratto di lavoro delle divise, con ritardi nel pagamento degli straordinari anche fino a 18 mesi. Così non andiamo da nessuna parte e soprattutto non diamo sicurezza ai cittadini”.
“Se a Lampedusa avessimo messo mani e pensieri 25-30 anni fa, forse non saremmo arrivati a questo”. Per dieci anni, tra il 2003 e il 2012 con il festival O’ Scià, Claudio Baglioni si è impegnato in prima persona sull’isola siciliana per sensibilizzare sul problema dei migranti esploso nuovamente in tutta la sua gravità in queste ultime settimane.
“È una storia lunga 30 anni, ma non possiamo cambiare la geografia. Ora sono cavoli per tutti. Bisogna solo attrezzarsi a poter trovare una soluzione, senza che questi argomenti diventino ancora una volta materia per scopi elettorali, perché altrimenti non se ne viene fuori – continua il cantautore, dopo la prova generale del suo nuovo live aTUTTOCUORE, che il 21 settembre debutta allo Stadio Centrale del Foro Italico a Roma -. Questa è una questione che tocca tutti, ma nessuno ha mai messo in atto una soluzione vera”.
O’ Scià fu un appuntamento che ottenne riconoscimento e plauso anche fuori dai confini nazionali, ma dalle parole di Baglioni traspare un po’ di amarezza. “Con quella rassegna abbiamo cercato di dire a un’opinione pubblica che era lontana che quelle cose accadevano già venti anni fa. Ma alla fine mi sono sentito sconfitto: i contributi bisognava faticarseli ogni anno e quella è stata un po’ una delusione perché pensavamo di aver costruito qualcosa di diverso e di importante, che andavo oltre il torneo di bocce con il quale eravamo in gara per gli stessi fondi, Mi sono sentito sconfitto perché non è cambiato niente. E nel mondo non c’è solo Lampedusa perché le persone si muovono in cerca di situazioni migliori per la loro vita. Non possiamo condannare chi lo fa e non possiamo nemmeno condannare chi non ne può più. Come la guerra: vincono solo i potenti, il popolo coglione deve solo cercare di scansare la palla di cannone”, chiosa l’artista mestamente.