L’emergenza sanitaria e sociale dovuta alla pandemia da Covid19 si sta ovviamente ripercuotendo in maniera particolarmente grave su chi è affetto da una malattia inguaribile, specie se in fase avanzata.
Quali sono le maggiori criticità del momento che chi assiste questi pazienti deve affrontare? Ne abbiamo discusso con la dottoressa Tania Piccione, coordinatrice regionale delle sedi Samot, la onlus siciliana fondata a Palermo nel 1987 e che oggi assiste, in tutta l’Isola, ogni giorno, un migliaio di malati.
“Dal 1987 la Samot non si è mai fermata un giorno”, dice la dottoressa Piccione. La onlus oggi conta sei sedi operative a Palermo, Trapani, Ragusa, Caltanissetta, Agrigento, Lampedusa e Linosa e due centri di ascolto a Gela e Bagheria. Quando si parla di cure palliative si pensa immediatamente ai malati oncologici ma la Samot è impegnata oggi anche su altri fronti. Lo conferma la dottoressa che specifica: “Tutte le persone affette da una malattia cronico-degenerativa hanno diritto ad accedere un percorso di cure palliative. Non assistiamo solo persone affette da patologie neoplastiche. Tra l’altro, abbiamo da poco implementato uno specifico progetto assistenziale per i pazienti affetti da Sla, sclerosi multiple e altre malattie neurologiche gravi”.
Quando la Samot ha iniziato la sua attività, più di 30 anni fa, lo scenario assistenziale era ben diverso. La onlus, facendo da apripista ed osservatorio privilegiato in Sicilia, ha replicato il modello già applicato in Lombardia. “Ma – racconta Piccione – l’attenzione sul tema e le leggi sono arrivate dopo. Solo nel 2010 la legge nazionale numero 38 ha sancito il diritto di ogni cittadino a poter accedere alla rete di cure palliative e di terapia del dolore. Oggi la nostra normativa regionale si è allineata a quella nazionale. Bisogna tenere in considerazione che il servizio assistenziale non riguarda solo il paziente ma tutta la sua famiglia che vive la malattia del proprio congiunto. I bisogni non sono solo di ordine clinico, c’è l’aspetto psicologico che è predominante e un ventaglio di problematiche da affrontare”.
Della grande famiglia di Samot fanno parte oltre 350 professionisti tra medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, logopedisti, nutrizionisti, operatori socio sanitari e socio assistenziali che prestano le proprie cure a domicilio. Ci sono poi tantissimi volontari e molte altre figure che si occupano dell’organizzazione dell’assistenza sul territorio. L’obiettivo di tutti è il miglioramento della qualità di vita dei pazienti, che con la pandemia, hanno incrementato la loro domanda di assistenza.
Specifica la dottoressa: “La nostra attività è cresciuta notevolmente anche per effetto della riorganizzazione degli ospedali che hanno dovuto fronteggiare l’emergenza Covid19. Prima della pandemia l’ospedale veniva visto come la panacea per tutti i mali. Dopo, i pazienti hanno iniziato a guardare gli ospedali con timore a causa del contagio, quasi come posti dai quali prendere le distanze, o comunque nei quali recarsi solo se strettamente necessario ed indispensabile. Molti pazienti dunque hanno preferito l’assistenza a domicilio”.
E se quello attuale è un momento difficile per tutti, i pazienti affetti da patologie inguaribili spesso in fase avanzata o terminale vivono in una condizione di grande fragilità non solo fisica ma anche psicologica. “Alla paura legata alla propria malattia – spiega ancora Piccione – si aggiunge il terrore del contagio. Durante la prima fase della pandemia molti malati avevano timore ad accogliere gli operatori in casa perché ritenuti possibile veicolo di contagio. Grazie allo sforzo della nostra onlus, il loro atteggiamento è mutato. Abbiamo applicato tutti i protocolli previsti dal ministero della Salute. Gli operatori arrivano a casa dei pazienti indossando tutti i dispositivi di protezione previsti, guanti, tute monouso, calzari, visiere e mascherine per evitare di esporre il paziente al rischio di contagio. Inoltre tutti i nostri operatori sono stati vaccinati contro il Covid19, questo aspetto ha tranquillizzato molto i pazienti”.
E proprio in tema di vaccinazioni, come è andata? “Abbiamo un po’ dovuto battere i piedi – continua la dottoressa – per ottenere la vaccinazione degli operatori nel più breve tempo possibile. Oggi abbiamo anche un team Covid dedicato, che si occupa dei pazienti che hanno contratto il Covid o i cui caregiver sono risultati positivi al virus. In partnership con l’Asp, da qualche settimana, abbiamo iniziato a vaccinare i nostri pazienti fragili direttamente a domicilio, al fine di capillarizzare la vaccinazione il più possibile e al più presto”.
Le difficoltà maggiori del momento riguardano, conferma Piccione, il reperimento di personale sanitario. Conclude infatti la dottoressa: “Questa pandemia ha mostrato crudelmente, direi, quanto bisogno di figure sanitarie ci sia. Moltissimi coloro che sono andati a lavorare negli ospedali per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Mentre i nostri pazienti aumentano, diventa più difficile trovare infermieri e medici. Gli operatori stanno facendo una fatica enorme per reggere il peso organizzativo della rete di assistenza”.