Fu ucciso dalla mafia 43 anni fa il procuratore Gaetano Costa, abbattuto da un sicario di Cosa nostra in via Cavour il 6 agosto 1980 mentre da solo stava tornando a casa.

“Magistrato lungimirante, Gaetano Costa intuì l’evoluzione del pericoloso potere di Cosa nostra all’interno delle istituzioni. Per questo e per essere stato un esemplare servitore dello Stato, ancora oggi ne viene ricordato il valore dalle istituzioni e da quanti continuano ad alimentare la lotta contro la criminalità organizzata nel nostro territorio.

Per ricordare nel migliore dei modi il giudice Costa, in questo anniversario l’amministrazione ha finalmente assolto anche al dovere di sostituire la lapide, dove per la prima volta si legge che questa strage è avvenuta per mano mafiosa”.

Così dichiara il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla a margine della commemorazione.

Dopo 43 anni Palermo “scopre” che il procuratore Gaetano Costa è stato “proditoriamente ucciso per mano mafiosa”. La verità storica delle responsabilità di Cosa nostra finalmente compare nella lapide che ricorda l’assassinio del magistrato il 6 agosto 1980.

“Era una reticenza, non so quanto originariamente consapevole”, commenta il sindaco Roberto Lagalla che ha partecipato, nell’anniversario del delitto, alla scopertura della nuova lapide alla quale sono intervenuti i vertici del palazzo giustizia, i familiari di Costa e i dirigenti della fondazione intestata al procuratore. Il figlio Michele accoglie con favore la “correzione” ma sostiene che il processo di recupero della verità e della memoria non può dirsi concluso. Nel caso Costa manca anche una verità giudiziaria, anche se viene collegata, dopo una indagine ritenuta dai familiari lacunosa, alla condizione di solitudine e di sovraesposizione del magistrato. Qualche mese prima di essere assassinato mentre tornava a casa da solo, Costa aveva firmato in prima persona la convalida degli arresti di esponenti della cosca Spatola-Inzerillo-Gambino.

I sostituti, tranne uno, si erano rifiutati di avallare l’operazione di polizia. E il procuratore decise di metterci la propria firma solitaria.

Mafia: Ricordare Cassarà, Antiochia, Costa è rinnovare impegno contro le mafie

Trentotto anni fa vennero freddati il vice dirigente della mobile di Palermo, Ninni Cassarà e l’ Agente di scorta Roberto Antiochia, da un commando mafioso che sparò oltre 200 colpi di kalashnikov.

C’è un’immagine che immortala il dolore di sua moglie, seduta sulle scale al fianco al del marito, crivellato di colpi. In quella foto c’è il dolore di chi resta privato per sempre di un marito, di un padre, di un figlio, di chi si ama. Lo scatto coglie simbolicamente la terribile solitudine del dolore dei familiari delle vittime di mafia. Cassarà fu un eccellente investigatore che con il rapporto Michele Greco più 161 pose le basi del primo processo contro la mafia.

I boss di Cosa nostra uccidevano tutti coloro che rappresentavano una reale minaccia per la loro esistenza, pochi giorni prima avevano assassinato il dirigente della catturandi di Palermo Beppe Montana.

Sempre il 6 agosto di 5 anni prima le cosche uccisero il procuratore capo di Palermo Gaetano Costa. Cosa Nostra affermava il proprio potere con la violenza delle armi e con il sordo dolore del lutto che esse creavano. Ricordare gli uomini dello Stato che consapevolmente affrontavano i rischi a cui si esponevano nella lotta contro la mafia è la migliore motivazione per essere sempre vigili affinché la mafia non rialzi più la testa. Così in una nota Enzo Letizia segretario dell’Associazione Nazionale funzionali di polizia.