Era il 26 febbraio dello scorso anno. Da poco Palermo si apprestava ad essere la Capitale della Cultura.
Un’occasione importante. Ed era stato organizzato un convegno dalla Cgil al Teatro Santa Cecilia.
Secondo gli organizzatori un momento di confronto per cercare di rilanciare la cultura e la fruizione dei teatri per farli diventare centro di aggregazione e possibilità concreta per i tanti artisti palermitani e siciliani apprezzati sempre di più fuori dal confine regionale e che qui non trovano sempre luoghi per potersi esprimere.
Un momento di bilancio è stato fatto nel corso della trasmissione Botta e Risposta dove sono stati ospiti di Claudio di Gesù, la psicologa e psicoterapeuta Sandra Giordano, Salvo Piparo, Costanza Licata, Marco Manera, il giornalista e scrittore Daniele Billitteri e il giornalista Ignazio Marchese.
Essere capitale della Cultura era un’occasione per mettersi in vetrina e cercare di proporre la parte migliore di sé.
Non bisognava solo puntare sui due teatri più prestigiosi della città, il Massimo ed il Politeama.
Ma anche i tanti piccoli teatri che luoghi naturali per svolgere iniziative, manifestazioni spettacoli.
La cultura nel resto del mondo è occupazione, lavoro di qualità, è il brand fondamentale che accompagna le imprese in giro per il mondo.
Come per il turismo, il commercio, la viabilità, il metodo della concertazione e di confronto con il sistema degli enti locali doveva diventare la norma per la programmazione dei fondi per le attività culturali.
Tra i luoghi fisici i teatri palermitani avrebbero potuto rappresentare un’eccellenza.
Le attività svolte dalle fondazione teatro Massimo, dall’orchestra sinfonica siciliana, associazione teatro Biondo, fondazione The Brass group, fondamentali per Palermo, molto spesso si sono dovute confrontare con enormi difficoltà economiche ed organizzative.
Modelli produttivi errati, incompetenza e sprechi hanno indotto le istituzioni a tagliare risorse alla produzione culturale, relegando, spesso, quella che è la più straordinaria risorsa del paese ad un aspetto marginale.
Un nuovo modello di gestione dei teatri ormai deve essere trovato.
La favola che un artista deve essere precario è un esercizio romantico che mal si sposa con la qualità del risultato artistico.
Nei grandi teatri di Italia e del mondo ci sono complessi stabili le orchestre, i corpi di ballo, i cori, raggiungono un affiatamento che rasenta la perfezione.
Questo produce eccellenza e un modello produttivo che non abbia questo fondamento è destinato al fallimento.
Il trend degli ultimi 10-20 anni è stato verso la direzione delle esternalizzazioni di pezzi fondamentali dei teatri.
Ridimensionare i laboratori di scenografia, macchinisti di palcoscenico, attrezzisti, sartoria teatrale, trucco, parrucco e corpi di ballo sono stati gli esempi di uno scempio prodotto in questi anni che ha portato alla morte dei teatri.
Ci sono i laboratori di scenografia di Brancaccio, meravigliosi, potrebbero produrre scene per tutti i teatri se ci fosse un investimento serio in formazione del capitale umano e tecnologie moderne.
In questo senso siamo ancora alla periferia della industria 4.0.
I teatri devono cambiare i modelli produttivi e le proprie organizzazioni.
Pensiamo esempio il teatro di Verdura, questo luogo fantastico dovrebbe essere valorizzato coinvolgendo tutti i teatri e anche gli artisti siciliani.
Non solo ma ci sono altri spazi che sono poco valorizzati da una vera impresa dello spettacolo che manca in città e nella regione.
Penso al Bellini, Garibaldi, Finocchiaro, Libero, il Montevergini, Lelio, Cristal, Zappalà, Ditirammu, Dante, Golden, Agricantus, Al Massimo, Savio, Jolly, Al Convento e Mediterraneo Occupato.
Lo scorso anno si poteva e doveva programmare una serie di eventi per rilanciarli.
Tutto questo non è stato fatto.
Non è stato pensato ad un nuovo modello di rete tra i teatri e permettere ai nostri artisti di potersi esprimere.
Luoghi che dovrebbero diventare superando barriere e miopie residenza stabili dei tantissimi artisti palermitani che oggi trovano infiniti ostacoli.
Come sempre molti artisti vengono riconosciuti eccezionali e geniali fuori dalla nostra regione o peggio solo dopo la loro morte.
Un solo esempio Gigi Burruano.
Questa città è piena di attori, danzatori, musicisti, cantanti, registi, comici che non trovano lo spazio che meriterebbero.
L’unica è Emma Dante, ma è un caso isolato e per lunghissimi anni ha vissuto un esilio artistico a causa della miopia di direttori poco attenti.
Partendo dal suo esempio altri dovrebbero potere trovare spazio per dare a questa città il loro contributo.
Le avanguardie si partoriscono nei laboratori, nei centri di produzione, nelle botteghe d’arte, nelle accademie.
Solo un vero cambiamento del genere trascinerebbe luoghi non sempre accessibili in luoghi costantemente aperti a tutti dove si potrebbe pensare, riflettere, apprendere e ridere.
L’occasione sprecata e l’assenza di prospettive toglie il riso e lascia l’amaro in bocca.
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