Nel tempo della resistenza, umana e civile la Fondazione Federico II condivide il progetto della Provincia Siciliana della Compagnia di Gesù con un evento culturale-teatrale che si terrà nel Cortile Maqueda di Palazzo Reale sabato 25 giugno.
L’unico organizzato in Sicilia nell’ambito dell’Anno Ignaziano.
Lo spettacolo di Giovanni Isgrò
Lo spettacolo, dal titolo “Fino in fondo, il Trionfo dei Martiri” di Giovanni Isgrò, ravviva la memoria storica, civile e spirituale del martirio, in occasione delle celebrazioni in tutto il mondo, legate al quattrocentesimo anniversario della canonizzazione dei santi Ignazio di Loyola e Francesco Saverio e al cinquecentesimo della conversione di Sant’Ignazio.
La missione di evangelizzazione dei padri gesuiti
L’opera racconta 80 anni di missione di evangelizzazione dei padri gesuiti in Giappone: dai fatti storici all’azione evangelizzatrice fino alle persecuzioni, la crocifissione dei tre Santi protomartiri. Il martirio del siciliano padre Giovanni Matteo Adami e dei suoi confratelli avvenuto nel 1633 con il terribile supplizio dell’ana-tsurushi.
La drammaturgia e la regia sono di Giovanni Isgrò, docente di storia del teatro e dello spettacolo, storico ed esperto di drammaturgia sacra gesuitica.
Il contributo della comunità dei gesuiti alla città di Palermo e alla Sicilia
“Celebrare un appuntamento importante come l’Anno Ignaziano a Palermo con un evento teatrale – commenta Gianfranco Miccichè, presidente della Fondazione Federico II – è un atto dovuto. La comunità dei gesuiti ha dato alla città di Palermo e alla Sicilia un notevole contributo culturale, didattico, scientifico e sociologico. Pensiamo, ad esempio, alla testimonianza dell’ordine di Ignazio de Loyola come elemento fondamentale nello studio della storia dello spettacolo tra il Cinquecento e il Seicento. Un apporto che ha contribuito alla valorizzazione culturale e allo sviluppo della città-teatro, preludio del primo Festino di Santa Rosalia”.
Il tema del martirio, ravvivare la memoria storica
“Il tema del martirio – afferma Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II – è caro alla Fondazione Federico II che già con la mostra Purification ne aveva affrontato le declinazioni etimologiche, culturali e artistiche con l’opera della serie I Martiri di Bill Viola. Nel loro significato originario i martiri sono testimoni della sofferenza. Ravvivare la loro memoria significa recuperarne il significato pregnante. Le loro vite attive evidenziano aspetti di intollerabile indifferenza e staticità della società contemporanea”.
Il martirio, infatti, esemplifica la capacità umana di sopportare la sofferenza pur di restare fedeli ai propri valori, sia per i laici che per i credenti. L’evento culturale-teatrale è una delle forme più vivide per rivivere le idee di azione, perseveranza, resistenza e sopportazione al sacrificio.
Essere coraggiosi protagonisti del cambiamento
“Ricordare i martiri – ha detto Padre Gesuita Gianni Notari, direttore dell’Istituto di formazione politica Pedro Arrupe – è innanzitutto memoria di una testimonianza di vita vissuta in modo radicale. Questo evento intende sollecitare ad affrontare percorsi di esistenza non in modo superficiale ma andando fino in fondo. Non basta solo intravedere una strada, occorre percorrerla fino alla fine. Il martirio dei gesuiti rappresenta anche uno stimolo a non vivere oggi in maniera statica ma essere coraggiosi protagonisti e co-autori del cambiamento”.
Trenta attori in scena
“Abbiamo voluto raccontare, insieme alla Fondazione Federico II e alla Compagnia di Gesù, il coraggio di andare fino in fondo per difendere il diritto alle libertà fondamentali – ha dichiarato Giovanni Isgrò, regista dello spettacolo -. Per farlo abbiamo scelto la forma teatrale perché i gesuiti da sempre hanno dato il loro apporto allo spettacolo e sono maestri di tecnica, retorica e recitazione. D’altronde i più grandi drammaturghi nacquero nei collegi gesuiti. Sono trenta gli attori, alcuni dei quali asiatici, in scena per narrare ottant’anni di storia”.
I gesuiti e l’immagine di Palermo città-teatro
Palermo deve proprio ai Gesuiti la regolarizzazione dell’immagine della città-teatro in una forma edificante. Dopo l’avvio del processo di riedificazione dell’impianto urbanistico-architettonico della città voluto dal re Filippo II a partire dagli anni ’60 del Cinquecento, spettò ai Gesuiti “costruire” il fenomeno del teatro festivo urbano che ebbe proprio nel 1622 l’espressione più alta in occasione dei festeggiamenti della canonizzazione di Ignazio di Loyola e di Francesco Saverio. Fu quello così anche il preludio del primo Festino di Santa Rosalia nel 1625, anch’esso ispirato e gestito dalla Compagnia di Gesù.
Difesa di valori e diritti
Il lungo lavoro di ideazione e di progettazione tra la Fondazione Federico II, Padre Notari e il Professore Isgrò ha cercato di ricondurre l’arte (teatrale) al significato pregnante di un cammino da recuperare in direzione della difesa di valori e di diritti.
La rappresentazione teatrale in scena nel cortile Maqueda di Palazzo Reale è certamente intrisa delle peculiarità del teatro dei gesuiti, ispirandosi al sincretismo fra la drammatica sacra occidentale e il teatro NŌ giapponese, capace di unire musica, danza e rappresentazione scenica.
I tre santi co-patroni della città
I tre Santi Paolo Miki, Giovanni Soan e Giacomo Kisai sono stati proclamati dal Senato di Palermo co-Patroni della città il 10 gennaio del 1628. Per proteggere la Città, tra gli altri, insieme a Santa Rosalia, ci sono anche i tre protomartiri gesuiti. Ai tre martiri è dedicata una pala d’altare custodita al centro della Cappella dei Santissimi Confessori a Casa Professa.
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