I lavoratori precari chiamati durante l’emergenza Covid all’ospedale Civico di Palermo non saranno assunti a tempo indeterminato. Il tribunale del lavoro di Palermo ha respinto il ricorso presentato da tre Oss, operatrici socio sanitarie, che erano state assunte con contratto libero professionale. In questo modo si sventano anche dei possibili ricorsi a cascata.
Il braccio di ferro ebbe il suo inizio nel 2020 quando tre lavoratrici Oss, con contratto di lavoro ad attività libero professionali, citavano in giudizio l’azienda di rilievo nazionale di alta specializzazione del “Civico di Cristina Benfratelli”. Davanti alla sezione civile del tribunale di Palermo avevano chiesto di ottenere il riconoscimento e la trasformazione del proprio rapporto di lavoro. Quindi da contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. E chiaramente si pretendeva il pagamento delle differenze retributive e del Tfr sin dalla data di inizio del rapporto di lavoro.
Le lavoratrici, con il ricorso introduttivo del giudizio, asserivano di aver svolto materialmente delle mansioni, in favore e sotto la direzione dell’Arnas, che non poteva essere considerate “subordinate”. Semmai avrebbero dovuto essere considerate come corrispondenti a quelle previste dal contratto nazionale di lavoro. In pratica chiedevano il riconoscimento del profilo di operatori socio sanitari di ruolo all’interno dell’ospedale, e non con contratto precario. Il rappresentante legale dell’ospedale “Civico di Cristina Benfratelli”, Roberto Colletti, ha resistito in giudizio e conferito il mandato difensivo all’avvocato Girolamo Rubino. Quest’ultimo, in contrapposizione alla tesi delle lavoratrici, ha sostenuto l’erroneità e l’infondatezza delle pretese di controparte. perché basate solo su mere allegazioni fattuali, prive di ogni fondamento normativo.
In particolare, l’avvocato Rubino eccepiva in giudizio come tali lavoratrici non avessero fornito alcuna prova della loro presunta natura subordinata del rapporto di lavoro contestato. In realtà le mansioni dovevano essere considerate nell’alveo del rapporto di lavoro autonomo, anche se prestato in una struttura ospedaliera come quella del Civico. Nel caso di specie, infatti, doveva considerarsi mancante il vincolo della subordinazione, ossia della sottoposizione del prestatore d’opera al potere direttivo, disciplinare, di organizzazione e di controllo del datore di lavoro. Nel corso del processo, inoltre, il difensore dell’azienda ha sentito alcuni teste che riferivano che le prestazioni lavorative rese dalle lavoratici ricorrenti, seppur materialmente analoghe a quelle espletate dagli Oss di ruolo dell’Arnas, non avrebbero potuto comunque considerarsi significative di un indice rilevatore del vincolo della subordinazione.
Sempre l’ospedale si è difeso evidenziando inoltre come la breve assunzione delle Oss ricorrenti, con contratti di lavoro di natura subordinata durante il periodo di emergenza Covid, era legato a particolari esigenze di natura emergenziale e sanitaria. E quindi non avrebbe potuto giustificare, in ogni caso, la trasformazione del rapporto di lavoro da libero professionale a subordinato. Il tribunale, condividendo la difesa della struttura sanitaria, ha rigettato il ricorso proposto dalle tre lavoratrici e le ha condannate, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite in favore dell’Arnas “Civico di Cristina Benfratelli”.