L’avvocato Giancarlo Barracado ha presentato un’istanza per riportare il suo assistito nel carcere Pagliarelli di Palermo. Il legale assiste Giovanni Barreca accusato di avere ucciso insieme alla figlia di 17 anni e alla coppia di fanatici Sabrina Fina e Massimo Carandente, la moglie e il figli di 16  e 5 anni nella villetta ad Altavilla Milicia nel corso di esorcismo. Il suo assistito è stato è stato nel penitenziario di Enna perché avrebbe avuto problemi con alcuni detenuti nel carcere palermitano. A Enna non ci sarebbero gli stessi supporti psicologici presenti nel carcere palermitano e poi perché la distanza dal capoluogo metterebbe in difficoltà la difesa, che il mese prossimo tornerà ad ascoltarlo con i suoi consulenti per predisporre la perizia di parte. Sono stati gli agenti della penitenziaria a trasportarlo lo scorso venerdì nel carcere al centro della Sicilia per essere ospitato in una struttura con una popolazione ridotta che possa garantirgli un controllo e un’assistenza migliori.

L’uomo, che è precipitato in una sorta di delirio mistico dopo gli omicidi della moglie Antonella Salamone e dei figli Kevin ed Emanuel, di 16 e 5 anni, perfino dietro le sbarre avrebbe continuato a vedere il demonio. Nei giorni scorsi, nonostante fosse in isolamento, aveva sentito alcuni lamenti provenire da un vicino, proponendo di compiere un esorcismo per liberare il compagno dalla possessione, attraverso la preghiera: un atteggiamento che potrebbe avere incrinato i delicati equilibri tra i reclusi, aumentando così il rischio di possibili ritorsioni. Per questo motivo, sarebbe stato allontanato temporaneamente.

Anche Carandente, subito dopo essere stato rinchiuso al carcere Pagliarelli, aveva riferito di essere stato minacciato e intimidito: un segnale chiaro di quanto sia basso il livello di tolleranza nei confronti di coloro i quali vengono identificati come gli autori di un massacro inconcepibile.

Il legale di Barreca ha già presentato un’istanza per chiedere che il provvedimento venga revocato: in primis perché a Enna non ci sarebbero gli stessi supporti psicologici presenti nel carcere palermitano e poi perché la distanza dal capoluogo metterebbe in difficoltà la difesa, che il mese prossimo tornerà ad ascoltarlo con i suoi consulenti per predisporre la perizia di parte.

Nel frattempo, prosegue a distanza lo scaricabarile tra tutti i protagonisti della vicenda. Barreca, lasciando intendere di essere stato drogato, ha raccontato che i «fratelli di Dio» erano in contatto con un presunto suggeritore, al quale avrebbero chiesto istruzioni sul da farsi. La figlia diciassettenne ha ammesso di avere partecipato alle violenze anche se avrebbe accusato Sabrina e Massimo di avere istigato sia lei che il padre. I due palermitani, dal canto loro, hanno giurato di essere innocenti, puntando il dito a loro volta contro gli altri due, attribuendo loro la colpa dei tre delitti.

La coppia dovrebbe incontrare i propri avvocati venerdì della prossima settimana. Subito dopo potrebbero essere sentiti dal sostituto procuratore di Termini Imerese, Manfredi Lanza, per esporre la loro versione: una convocazione decisiva perché il magistrato – al di là della loro narrazione – potrà metterli di fronte alle prove raccolte, a partire dai risultati dell’esame sui tabulati e sulle celle dei telefonini, dai quali sono stati estrapolati video, audio e chat. Ma anche la relazione del medico legale che ha eseguito l’autopsia sulle vittime e l’esito dei primi accertamenti compiuti dai Ris di Messina sugli oggetti sequestrati potrebbero inchiodare ciascuno davanti alle proprie responsabilità. In questa fase Barreca potrebbe restare in silenzio per via delle sue condizioni psicologiche. La figlia, che ha confermato di avere contribuito a seppellire in giardino i resti carbonizzati della mamma e di avere infierito sui due fratelli, ha invece aggiunto ulteriori particolari, su cui vige il più stretto riserbo, che potrebbero dare la svolta definitiva alle indagini.

 

 

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