Per la prima volta, la Corte di Appello di Palermo ha condannato l’Inail a corrispondere alla vedova di un lavoratore per circa 36 anni alla dipendenze delle Cementerie Siciliane morto per tumore la rendita ai superstiti prevista dalla legge.
I giudici d’appello della sezione Lavoro del Tribunale di Palermo ha riconosciuto che l’operaio in servizio presso lo stabilimento di Isola delle Femmine, è deceduto a causa di un tumore ai polmoni, contratto a seguito della perdurante esposizione ad amianto.
La sentenza rende giustizia ai congiunti della vittima, aprendo nuovi scenari sul fronte dell’accertamento delle eventuali responsabilità dell’azienda, per la gestione dell’impianto e la tutela della sicurezza del personale.
La famiglia è assistita dall’avvocato Giuseppe Caltanissetta e dai legali giuslavoristi Carmelo Butticé e Claudia Spotorno.
“Sulla base della documentazione – si legge nella consulenza tecnica – agli atti l’operaio è morto il 23 gennaio del 2016 a causa di un carcinoma polmonare metastatico. La condizione patologia – in considerazione dell’attività lavorativa svolta dall’assicurato quand’era in vita e del periodo storico in cui la stessa fu svolta, anche considerata la durata dell’esposizione ultratrentennale – è da ritenere con ragionevole probabilità di natura professionale secondo il criterio della presunzione legale di origine, in quanto patologia tabellata”.
“Deve dunque riconoscersi come sussistente, nella circostanza pacifica – dice il collegio dei giudici – dell’adibizione alle lavorazioni nocive cui è collegato tabellarmente il rischio di insorgenza del carcinoma polmonare, il nesso causale tra tale patologia e l’attività lavorativa svolta dal predetto presso le Cementerie Siciliane per oltre un trentennio. Ne consegue che sussistono i presupposti previsti dalla legge per la liquidazione in favore della vedova della rendita ai superstiti nella misura prevista dalla legge”.
“Adesso, dopo oltre 6 anni di battaglia legale – dicono gli avvocati – è stato riconosciuto che il dolore di quella famiglia meritava e merita l’intervento dello Stato. Non ci fermeremo: pretendiamo siano verificate ulteriori eventuali responsabilità di chi ha accumulato profitti milionari. Lo dobbiamo a chi oggi fa impresa con scrupolo e serietà; lo dobbiamo a chi ha perso i propri cari in circostanze che vanno approfondite; lo dobbiamo a chi ama questo territorio e lo ha scelto per costruirci il proprio futuro. Di lavoro (duro, peraltro) si deve poter vivere, non morire”.
Commenta con Facebook