Si sono svolti gli interrogatori di garanzia nel carcere Pagliarelli per i tre fermati accusati dell’omicidio di Emanuele Burgio, il giovane di 25 anni ucciso alla Vucciria la notte tra domenica e lunedì. Giovanni Battista Romano, 29 anni, e Matteo Romano, 29 anni, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Chi ha reso un lungo interrogatorio è stato Domenico Romano 49 anni, padre di Giovanni Battista e fratello di Matteo. Sono tutti difesi dall’avvocato Vincenzo Giambruno.
Nel corso dell’interrogatorio Domenico ha ripercorso gli ultimi quindici giorni culminati con l’omicidio di Burgio. Tutto nasce quando lo specchietto della Mercedes bianca di Emanuele Burgio colpisce il gomito di Giovanni Battista Romano, circa quindici giorni fa. Il giovane Romano si rivolge all’automobilista e gli dice che “M fai?”. Alla guida c’era Emanuele Burgio.
Un giovane della Vucciria che Domenico, “come racconta l’avvocato Giambruno – descrive ai magistrati come rissoso e pronto a scontrarsi. Burgio esperto di armi marziali, ha detto Domenico, più volte avrebbe partecipato a risse. Da quel giorno ci sono state diverse mediazioni per ricomporre il dissidio. Più volte ci sono stati incontri per ripianare quanto avvenuto. Fino a qualche giorno fa”.
Secondo il racconto di Domenico, come riferisce l’avvocato difensore “Giovanni Battista al Borgo Vecchio durante l’ennesimo tentativo di fare pace viene prima preso a braccetto da Burgio e poi colpito al volto con una testata. Dopo questa nuova aggressione si ricomincia il tentativo di sanare la disputa. Fino a domenica”.
La versione di Domenico, padre di Giovanni Battista e che Emanuele Burgio li ha provocati.
“Li ha insultati minacciati – dice l’avvocato – Fino a quando ha detto che voleva strappare la testa di Matteo per giocarci a pallone. Domenico ha raccontato che Emanuele ha iniziato a fare un rito. Mentre urlava contro i tre Romano ha iniziato a divaricare le gambe, portandone una indietro. Per caricarsi ha iniziato a darsi pugni in testa. Domenico ha detto al giudice che aveva uno sguardo terribile. Matteo a quel punto ha sparato per difendersi ed evitare di essere aggredito come già successo in passato a Giovanni Battista. Domenico Romano ha ribadito che non c’era alcuna premeditazione e quello della notte tra domenica e lunedì era l’estremo tentativo di ricomporre la lite nata da un banale incidente”.
Il giudice adesso dovrà decidere se convalidare gli arresti.
Gli agenti della squadra mobile di Palermo diretti da Rodolfo Ruperti stanno ancora proseguendo nelle indagini. Ci sono tanti aspetti da chiarire. La versione di Domenico Romano dovrà essere confermata dalle indagini.
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