Scarcerati donna e i due figli per l’efferato omicidio di Pietro Ferrera, ucciso 5 anni fa a Palermo. Lo ha disposto il tribunale di sorveglianza di Palermo in favore di Salvatrice Spataro e dei figli Mario e Vittorio Ferrera. A loro concessa la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali. I tre erano stati condannati in via definitiva a 9 anni di reclusione per l’omicidio di Pietro Ferrera, marito della Spataro e padre di Mario e Vittorio. Fatto di sangue avvenuto a Palermo il 14 dicembre 2018, in via Falsomiele, nell’abitazione della famiglia Ferrera. All’uomo furono inferte 57 coltellate. Dietro il delitto, apparentemente ingiustificato, si celano tutta una serie di maltrattamenti, violenze, angherie e soprusi di ogni genere. Vessazioni perpetrate per oltre 20 anni dalla vittima ai danni in particolar modo della moglie, ma anche nei confronti dei figli.
Dimostrate le violenze
Mario e Vittorio Ferrera durante il processo, difesi dagli avvocati Giovanni Castronovo e Maria La Verde, sono riusciti a dimostrare le violenze. La sera del delitto la Spataro, esasperata dall’ennesima violenza subita, prese un coltello da cucina e colpì il marito. La vittima si difese e cercò a sua volta di colpire la moglie. Ne seguì una violenta colluttazione interrotta dall’arrivo dei figli Mario e Vittorio. I due, percependo il pericolo in cui versava la madre, colpirono ripetutamente il padre. Utilizzarono dei piccoli coltelli da macellaio di cui erano in possesso, in virtù dell’attività lavorativa svolta, per autodifesa.
“Episodio unico e irripetibile”
“Considerata la pena già espiata, e tenuto conto dell’assenza di altri precedenti e procedimenti pendenti, è possibile inquadrare la vicenda come una manifestazione criminosa unica e irripetibile – spiegano gli avvocati -. Significative sono le considerazioni fatte dal magistrato di sorveglianza Simone Alecci nelle ordinanze con le quali è stato concesso a Mario e Vittorio Ferrera la misura alternativa dell’affidamento in prova. E infatti, dopo aver dato atto del positivo profilo personologico dei due giovandosi come tratteggiato da educatori ed assistenti sociali in servizio presso la casa circondariale Pagliarelli, malgrado il titolo di reato di cui si sono resi responsabili, hanno dimostrato di aver intrapreso un percorso di seria revisione critica”.
Il percorso processuale
In primo grado il Gup Guglielmo Nicastro condannava gli imputati alla pena di 14 anni, avendo escluso l’aggravante della crudeltà. Mentre la corte d’assise d’Appello, presieduta da Angelo Pellino, riduceva la pena ad anni 9 di reclusione per il riconoscimento delle attenuanti generiche. Positive sono state le valutazioni espresse dal tribunale di Sorveglianza. In particolare, nel corpo del provvedimento emesso in favore della Spataro, il magistrato estensore dell’ordinanza Federico Cimò ha segnalato un andamento dell’esecuzione della pena positivo sotto ogni profilo. La detenuta ha accolto in modo attivo e propositivo gli spunti di riflessione, tanto da far emergere cambiamenti maturativi. Sintomo, per il tribunale, di una concreta “rivisitazione critica del proprio vissuto”.
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