“Menomale che voleva rispettare la famiglia altrimenti non so proprio cosa sarebbe uscito”. E’ sarcastico Stefano secondogenito di Giulio Andreotti, senatore a vita e 7 volte presidente del Consiglio, dopo le parole di Rita Dalla Chiesa secondo la quale l’omicidio di suo padre, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa fu frutto di un accordo fra mafia e pezzi dello Stato, fu un favore fatto ad un politico. Una frase pronunciata durante una trasmissione tv e che, nel prosieguo del dialogo con la conduttrice sembra proprio tornare ad additare Giulio Andreotti come il politico che sta alla base del delitto.
Le parole di Rita Dalla Chiesa
In realtà Rita dalla Chiesa aveva già scritto sui social a fine agosto di essere convinta che l’omicidio di suo padre fosse maturato come favore a qualcuno, adesso conferma e rincara la dose sostenendo che il delitto fu un favore ad un politico, lo stesso che quando suo padre fu nominato gli disse “stia attento a non mettersi contro la mia corrente politica perché chi lo fa torna in una bara”.
Rita dalla Chiesa non fa il nome perché, dice, per rispetto alla famiglia di quest’uomo, ma i suoi riferimenti sembrano chiari tanto che la conduttrice si spinge fino a nominare Giulio Andreotti, nome che lei non conferma e non smentisce.
La replica di Stefano Andreotti
Stefano Andreotti affida all’Adn Kronos la sua replica”Evidentemente a qualcuno non sono mai andate già le sentenze di assoluzione pronunciate nei confronti di mia padre sia a Palermo che a Perugia”, dice Stefano Andreotti.
“Dalla Chiesa si assumerà le responsabilità di quanto detto, ma anche se ci fossero gli estremi per una’azione giudiziaria, non lo faremo, perché quello era lo stile di mio padre, lui non ha mai querelato nessuno”.
Poi racconta altri episodi. In realtà, sostiene, quello che ha veramente rispettato la famiglia Dalla chiesa fu mio padre che mai racconto cose che sapeva come ad esempio dei rapporti del generale col figlio Nando. “Devo dire che se parliamo di rispetto della famiglia, allora quello lo ha avuto davvero mio padre nei loro confronti”. Stefano Andreotti racconta di come il padre, più volte avrebbe potuto parlare delle vicende dello stesso figlio di Dalla Chiesa, il sociologo Nando, negli anni della contestazione militante della sinistra extraparlamentare: “Papà non ha mai tirato fuori cose che riguardavano la famiglia Dalla Chiesa”.
Le parole di Andreotti
“Mio padre -racconta- sconsigliò a Dalla Chiesa di andare come Prefetto a Palermo, gli consigliò di farsi dare poteri maggiori, per poter coordinare la lotta alla criminalità, non soltanto siciliana, ma anche quella delle altre regioni del Sud, l’ndrangheta in Calabria e la camorra in Campania”. Poi a settembre, dopo 100 giorni da Prefetto a Palermo, il tragico epilogo a via Carini: il generale viene massacrato dalle raffiche di kalashnikov. “Mio padre restò colpito da quell’omicidio -assicura- Tra l’altro conosceva bene la moglie Setti Carraro e la sua famiglia, con lei era stato amichevole e l’aveva aiutata ai tempi della Croce Rossa”. Andreotti però non andò ai funerali: “Mio padre non aveva ruoli di governo in quel momento, scrisse un sentito telegramma, inviato al fratello del generale, Romeo, nel diario di quei giorni troviamo poi parole di stima e cordoglio per Dalla Chiesa”, dice ancora Stefano, che con la sorella Serena ha curato una edizione critica dei diari del padre, negli scorsi anni.
Commenta con Facebook